FUTURysTA
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FUTURysTA MAURIZIO SCUDIERO KURATOR Zamek Królewski WARSZAWA DEPERO FUTURYSTA Castello Reale Zamek Królewski Varsavia Warszawa Direttore Dyrektor: Prof. Dr. Andrzej Rottermud 13 dicembre 2010 13 febbraio 2011 13 grudnia 2010-13 lutego 2011 Promosso da Zorganizowany przez: Istituto Italiano di Cultura Włoski Instytut Kultury Ul. Marszałkowska 72 Varsavia Warszawa Direttore Dyrektor: Paola Ciccolella Addetto Addetto: Mario Vecchione Progetto e cura della mostra Projekt i realizacja wystawy: Maurizio Scudiero Testi Teksty Maurizio Scudiero Prszemyslav Strołek Organizzazione Organizacja Davide Sandrini STart Management, Italy Ringraziamenti Podziękowania Collezione Cassa Rurale di Rovereto Studio 53 Arte; Stefano Andreis, Alessandra Cipriani, Isidoro Dusatti, Elisabetta Franchi, Giorgio Giovanelli, Angelo Marsilli, Massimo Rigo, Marco Simeoni, Franco Stedile, Gian Marco Trentini ed a tutti i collezionisti che hanno voluto mantenere l’anonimato i wszystkim kolekcjonerom, którzy chcieli zachować anonimowość. Traduzione Tłumaczenie Leszek Kazana Impaginazione Skład drukarski EmmEsse Studio Stampa Druk La Grafica, Mori (TN), Italia Copyright immagini Eredi Depero PReMessA WsTeP Il Futurismo, tra i movimenti dell’avanguardia storica del primo Novecento, è sicuramente quello che ha inciso di più nel panorama culturale italiano dell’epoca, lasciando testimonianze artistiche di altissimo livello come si evince dalle opere esposte in questa mostra dedicata a Fortunato Depero, uno dei maggiori artisti futuristi. E’ importante sottolineare che, nel caso del Futurismo, gli artisti italiani ebbero, come non mai, un ruolo di primo piano nella diffusione, al di fuori dei confini dell’Italia, del movimento che si propagò in molti paesi europei attraverso altre forme e dinamiche. Sono quindi molto lieto che siamo in grado di offrire a Varsavia l’opportunità di ammirare per due mesi questi capolavori al Castello Reale. L’evento si inquadra in un più ampio programma di rafforzamento dei rapporti culturali fra i due Paesi. Aldo Mantovani Ambasciatore d’Italia in Polonia DEPERO PReMessA WsTeP La mostra Depero Futurista, promossa dall’Istituto Italiano di Cultura e allestita presso il Castello Reale di Varsavia, segue idealmente, e in un certo senso lo completa, il percorso cominciato con le mostra “Carte futuriste” e “Collezionare il futurismo” che hanno avuto luogo nell’ottobre 2009 presso il Centro di arte contemporanea Castello Ujazdowski in occasione del primo centenario del Manifesto del futurismo di Tommaso Maria Marinetti. La mostra, che presenta delle opere di altissimo pregio del pittore Fortunato Depero, provenienti per la maggior parte da collezionisti privati italiani, intende offrire al pubblico della capitale polacca un’ulteriore occasione di riflessione sui molteplici aspetti di questo movimento artistico-letterario che coinvolse, oltre l’Italia, buona parte degli Stati Europei nei primi decenni del ‘900. Tuttavia la scelta delle opere di Fortunato Depero qui in mostra, che seguono un itinerario cronologico accurato, dai suoi quadri futuristi, alle sue coloratissime pubblicità, passando per i mosaici di stoffa, dimostrano che ogni artista aderente al movimento futurista, seppe poi sviluppare la propria forte personalità, attraverso un percorso squisitamente individuale. Piace sottolineare, nel caso di Depero, la sua vocazione internazionale, dovuta sia alle sue origini trentine, sia ai suoi viaggi e soggiorni otre oceano, e il suo impegno nell’arte applicata per il quale viene considerato un precursore del moderno designer. Paola Ciccolella Direttore Istituto Italiano di Cultura di Varsavia 4 FUTURYsTA DEPERO. ATTRAVERsO IL FUTURIsMO Maurizio Scudiero Curatore Archivio Depero Breve premessa sul Futurismo 5 Il 20 febbraio del 1909, a Parigi, il prestigioso giornale “Le Figaro” dava spazio, in prima pagina, agli enunciati in forma di manifesto di Filippo Tommaso Marinetti, figlio di un facoltoso avvocato italiano, di vocazione poeta e editore della rivista “Poesia”, e sanciva così l’inizio del Futurismo. Ma perché la formula del manifesto programmatico? Questo fu un mezzo nuovo, ed accattivante per far conoscere le idee del Futurismo. Programmatico in quanto in esso si dichiarava “prima” quello che si sarebbe fatto “dopo”. Un atteggiamento del tutto innovativo, perché toglieva la “creatività” artistica da quell’aura ancora bohémienne dell’artista che coglie la sua ”ispirazione” nell’atelier, opponendovi invece un’attitudine del tutto moderna, e cioè quella della “progettualità”. Nuovo, ancora, perché, mutuando le prassi della pubblicità, era distribuito capillarmente a tutti, cioè non solo agli addetti d’arte, ma anche per la strada, porta a porta, lanciato dal tram, dal loggione dei teatri, e così via. Marinetti raccolse attorno a sé, a sottoscrivere quel primo manifesto, uno sparuto gruppo di giovani pittori, ancora sconosciuti, e cioè Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Gino Severini e Luigi Russolo, accompagnati da un artista già più maturo ed esperto che era Giacomo Balla (era stato “maestro” di Boccioni e Severini). Ben presto si scoprì di come Marinetti avesse visto giusto, perché il Futurismo in breve divenne popolarissimo in tutta Europa, ed a quei primi artisti che aprirono la strada se ne unirono moltissimi, specie tra i giovani, e tra questi vi fu anche Depero che divenne allievo di Giacomo Balla con il quale, nel 1915, sottoscrisse il rivoluzionario manifesto Ricostruzione futurista dell’universo. In quel documento teorico furono poste le basi operative per il vero superamento di pittura e scultura, cioè per il “debordamento” del Futurismo nella vita quotidiana: un’idea sino ad allora solo appena intuita dai primi futuristi: «Noi futuristi, Balla e Depero – scrivono nel loro manifesto del 1915 – vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra ispirazione, per formare dei complessi plastici che metteremo in moto»1. DEPERO ADESIONE DI DEPERO AL FUTURISMO Fondamentale, per la formazione artistica di Depero, è un breve soggiorno a Torino nel 1909, dove segue un corso di scultura ed incontra e conosce il grande scultore Canonica. Così al suo ritorno a Rovereto va a tirocinio per oltre un anno da un marmista: un’esperienza altamente formativa in quanto farà uscire allo scoperto la sua prorompente attitudine plastica. Un altro elemento da considerare nell’ambito della sua formazione è, verso il 1913, il particolare clima culturale roveretano. Da una parte c’è l’ormai evidente, e montante, sua adesione al Futurismo2, dall’altra le forti influenze mitteleuropee dovute sia alla posizione geografica, sia alla situazione politica, del Trentino che allora era l’estrema periferia meridionale dell’Impero Austro-Ungarico. Nel 1913 Depero pubblica il suo primo libro, Spezzature, una raccolta di componimenti poetici, di prose, di pensieri e di disegni: un coacervo di sensazioni e di allusioni tra Simbolismo e Futurismo con velati accenti di Cubismo, e dove non mancano riferimenti a Nietzsche, laddove Depero parla di «luci taglienti, ubriacanti riflessi d’oro, rossi scarlatti e gialli ottone» che è appunto fin troppo evidente accostare ad un’affermazione di Zarathustra: «Il giallo intenso e il rosso ardente, ecco ciò che vuole il mio gusto, il quale mescola il sangue con tutti i colori»3. Insomma la sua pittura, la sua imagerie, nonostante le simpatie per il Futurismo rimane tuttavia ancora più vicina al gusto del grottesco, a certo moralismo dei capricci di Goya ed a Daumier, o ad Alberto Martini. Stilisticamente, le opere pittoriche del periodo sono plastiche, virili, e rimandano immediatamente a quelle di Egger-Lienz, un maestro dell’area alpina, piuttosto che a quelle dei futuristi. Ma sul finire dell’anno, a dicembre, Depero è a Roma e visita la mostra di Boccioni alla Galleria futurista di Sprovieri rimanendone profondamente colpito. L’influenza di Boccioni è subito ravvisabile in un breve, ma intenso, ciclo di schizzi sul dinamismo dove è pure già verificabile il taglio quasi netto con la sua precedente produzione. Tuttavia se in termini tematici il cambiamento è evidente, da un punto di vista formale il passaggio è più graduale. Infatti questi primi lavori di transizione (come ad esempio Ritmi di ballerina + clowns, dei primi del 1914) sono svolti con una pittura densa, corposa, grassa, una pittura tipicamente “nordica”, di confine. Di lì a poco, però, sarà l’incontro con Balla che produrrà un ulteriore distacco: quello da Boccioni. Poi, sulla fine del 1914, grazie alla mediazione di Balla, è ufficialmente ammesso all’interno del gruppo dei pittori e degli scultori futuristi. Le sperimentazioni astratte e quelle sui complessi plastici occupano Depero per tutto il biennio 1914-1916 e toccano il loro apice nella grande personale romana del 1916. Ma se, da una parte, il lavoro di ricerca con Balla lo esalta e lo coinvolge, sente comunque la necessità “applicativa” delle nuove formulazioni contenute in Ricostruzione. I complessi 6 FUTURYsTA 7 plastici si sono rivelati tanto interessanti ed innovativi quanto poco apprezzati e di difficile realizzazione pratica. Logica conseguenza, a questo punto, il ritorno alla figurazione, alla riconoscibilità, cui dà una mano il suo avvicinamento al mondo del teatro. Il 1916, a questo riguardo, è un anno cruciale. Prima s’inventa una sintesi teatrale titolata Colori: un’azione scenica di pura astrazione dove mancano infatti gli attori, sostituiti da “individualità astratte” immerse in uno spazio scenico-colore. A questa segue Mimismagia, del quale ci rimangono alcuni bozzetti di progetto dei costumi, e anche questo nuovo lavoro teatrale (come il primo rimasto sulla carta) pone l’accento sulla “emozione estrinsecata nella danza mimico acrobatica con costumi plastici a trasformazione”4. Ma, verso la fine del 1916, Depero conosce Diaghilev, l’impresario dei Balletti Russi, che visita il suo studio e gli commissiona la realizzazione delle scene e dei costumi plastici per Le Chant du Rossignol con musiche di Stravinskij. Depero riesce a realizzare un modello in scala del grande scenario plastico ed i bozzetti di tutti i costumi a collage di carte colorate. Poi, vari contrattempi nella realizzazione dei costumi e soprattutto del grande scenario (dovuto anche al contemporaneo incarico a collaborare ai costumi di Picasso per Parade) non gli permettono di completare il lavoro nei tempi previsti e, quindi, tutto va a monte. Le Chant du Rossignol andrà in scena solo nel 1920, a Parigi, ma con i costumi di Matisse5. Il fallimento del progetto per i Balletti Russi, e la disponibilità di un certo numero di stoffe colorate per i costumi teatrali (rimaste appunto inutilizzate), gli suggerì l’idea di sostituirle alle carte dei collage che andava eseguendo in quel periodo. Nacquero così i cosiddetti “arazzi Depero”. All’inizio, dunque, si trattava di “mosaici di stoffe colorate” incollate su di un supporto di cartone. Poi, alla colla si sostituirono ago e filo ed al cartone della tela grezza per lenzuola, e un po’ alla volta la tecnica fu sempre più perfezionata. Il successo commerciale fu quasi immediato. Le richieste, anche di opere di grandi dimensioni, non mancavano. Furono perciò assunte un certo numero di collaboratrici che, coordinate dalla moglie Rosetta, per anni produssero sotto la guida di Depero certamente alcune tra le più belle composizioni in stoffe colorate del secolo XX6. L’idea di questi lavori in stoffe fu concepita a Capri, quando era ospite del poeta svizzero Gilbert Clavel con il quale ideò anche I Balli Plastici, uno spettacolo andato in scena la sera del 14 aprile del 1918 al Teatro dei Piccoli di Roma. Musiche d’avanguardia e per attori… delle marionette di legno. Depero raggiunge qui il punto più alto della sua sperimentazione teatrale (che, dopo quest’esperienza abbandonerà sino alla metà degli anni Venti), attuando la trasposizione del Teatro delle marionette nella lingua delle nuove forme cubiste-futuriste dove il dialogo, come ha ben osservato Albert Sautier, è sostituito dalla pura azione mimica7. La pittura di Depero di quel periodo diviene perciò un ambito di “fissazione”, di memoria, piuttosto che di sperimentazione autonoma. E, trattandosi di marionette, la loro trasposizione dipinta diviene una palestra di pulsioni plastiche. Depero, infatti, già con un lustro di anticipo sul Manifesto DEPERO dell’Arte Meccanica, di Paladini e Pannaggi (1922), sin dal 1917 porta avanti una sua elaborazione della marionetta, ridotta ai suoi volumi essenziali, quasi cubisti, una sorta di stilizzazione se non proprio freddamente meccanica certo meccanicodecorativa, come ha puntualizzato Bruno Passamani 8. Ricerche che sfociate appunto prima ne I Balli Plastici hanno poi trovato nelle tele un ulteriore scarto progettuale dove la robotizzazione oppure la scomposizione volumetrica è portata sino alle estreme conseguenze. Verso la fine degli anni Dieci un vento di revisione inizia a soffiare sull’Europa artistica, e trasforma ansie e furori delle avanguardie in angosce esistenziali, nella ricerca di un punto fermo, di un riferimento, che viene identificato nel “ritorno al mestiere”, ad una solida progettualità. Così si guarda a Giotto, a Paolo Uccello, a Piero della Francesca. Nel 1916 Picasso, dopo aver frantumato ogni ordine nell’immagine, si reca in “pellegrinaggio” a Pompei, alla riscoperta del Classicismo. Nel febbraio del 1919, alla Galleria Bragaglia di Roma, Giorgio de Chirico con i suoi manichini metafisici scuote il quartier generale del Futurismo. Depero, in quel momento è con De Chirico e Carrà alla mostra sulla pittura d’avanguardia di Viareggio. Poi, sicuramente, visita la mostra del metafisico a Roma. Nascono così un gruppo di opere - Città meccanizzata dalle ombre, Io e mia moglie, La casa del Mago e Lettrice e ricamatrice automatiche (qui in mostra) - che si accostano al tema metafisico, declinandolo secondo una sensibilità “ambientale” del tutto deperiana che vive del clima magico del suo laboratorio degli arazzi di Rovereto, spesso associato appunto all’idea di un magismo creativo sovra-naturale, ovvero meta-fisico. Quella di Depero è quindi una nuova, ed ulteriore, visione della realtà che si pone tra il metafisico ed il magico. Altre opere, invece, vivono di enfasi decorativa, come Ciociara, e confermano l’atipicità della sua militanza futurista. Carlo Belli, definiva l’insieme di queste opere atipiche come appartenenti al “neoclassicismo metafisico” di Depero. Egli non intendeva certo il termine ”neoclassico” nell’accezione comune, cioè, per usare le sue parole «non la ripresa di modelli classicisti, più o meno antichi, come avviene nel povero Novecentismo pittorico e letterario di alcuni artisti italiani già militanti nel Futurismo, ma, se si tratta del Depero, la instaurazione di un sentimento classico di nuova vigorosa invenzione, inteso come opposizione a romanticismi, impressionismi, simbolismi e... neoclassicismi»9. Le modalità di questa poetica furono una sorta di “ossessione” a solidificare i vaghi flussi lasciati nell’aria dall’Impressionismo, l’abolizione dei mezzi toni, il ricorso alla “musa meccanica” e la violenza cromatica racchiusa in campiture ben delineate, spesso dagli esiti tridimensionali. Insomma è alquanto evidente che in questo momento Depero è al di là anche del Futurismo stesso. All’inizio del 1919, si tiene a Milano l’Esposizione Nazionale Futurista, dove Marinetti raduna il meglio dei futuristi superstiti 8 FUTURYsTA e le giovani leve per rilanciare il Futurismo del dopoguerra, dalla quale il movimento era uscito decimato: morti Boccioni e Sant’Elia, Carrà transfuga verso la Metafisica, Sironi in rotta verso il futuro Novecento e un po’ persi per strada Severini e Russolo. Anche Depero è invitato, ed espone oltre ottanta opere, tra pittura ed arte applicata. Poi ritorna a Rovereto, che trova ancora distrutta dagli eventi bellici e, in quel clima di ricostruzione, fonda la sua Casa d’Arte Futurista che, grazie alle sue continue, ed azzeccate, ideazioni, diverrà la più conosciuta ed apprezzata nel corso degli anni Venti e, tra alterne vicende (e temporanei trasferimenti a Parigi e New York) rimarrà in attività sino all’inizio degli anni Quaranta. È evidente che la produzione di Depero è, e sarà, di carattere artigianale, non giungendo mai a quei “grandi numeri” che avrebbe richiesto una produzione che avesse voluto penetrare in vasti mercati, come ad esempio quello americano. Ma ciò a scapito della qualità e senza la possibilità di un diretto controllo dell’artista sul singolo pezzo. Dunque scelta cosciente, voluta, e forse anche suggerita dalla lettura del manifesto della Bauhaus, del 1919, laddove incitava: «Architetti, scultori, pittori, noi tutti dobbiamo tornare all’artigianato! Non esiste infatti un’arte “professionale”. Non c’è alcuna differenza sostanziale tra l’artista e l’artigiano... Formiamo dunque una nuova corporazione di artigiani...»10. Che Depero avesse avuto notizia del manifesto di Gropius è un’ipotesi non del tutto remota (proprio per i rapporti e le relazioni culturali e scolastiche che Depero mantenne con gli ex colleghi dell’Elisabettina in seguito studenti a Vienna o Monaco di Baviera). Certo, non poteva che esserne in sintonia. Gli anni venti, dal ritorno all’ordine a New York 9 Gli anni Venti per le avanguardie, ma soprattutto per il Futurismo, celebrano il trionfo della “Macchina”. In Francia si pubblica da qualche tempo “L’Esprit nouveau”, dove Ozenfant e Le Corbusier portano avanti la loro idea “purista” di un macchinismo pittorico verso il quale mostrò notevoli convergenze la pittura di Depero degli anni Venti, che assume quei toni metallici e levigati, appunto meccanici, senza dimenticare che, a proposito di “meccanizzazione”, Depero aveva lavorato concettualmente su questo tema sin dal 1918, cioè dai tempi de I Balli Plastici. Inoltre, nel suo “libro bullonato” che esce nel 1927 (ma che riassume attività e teoria dal 1913) pubblica il manifesto che celebra la Macchina e lo Stile d’acciaio e afferma: «Adoro i motori, adoro le locomotive, mi ispirano ottimismo infrangibile...»11, ma nel frattempo, però, non abdica completamente al dominio del “metallo” e lo coniuga quanto più possibile con gli elementi naturali (come nel dipinto Alto paesaggio d’acciaio). Durante lo stesso anno, a New York, è l’apoteosi dell’Era Meccanica appunto con la monumentale Machine Age Exhibition, il cui catalogo è opportunamente illustrato da una copertina di Léger. Poi, ancora nel 1927, da Bragaglia va in scena il pessimista L’Angoscia delle macchine, DEPERO di Ruggero Vasari, mentre il decennio si chiude sul manifesto (1928) promosso da Azari Per una società di protezione delle macchine: «La macchina ha arricchito la nostra vita... eliminerà definitivamente la povertà e quindi la lotta di classe»12. Ma nel frattempo (1925) si tenne a Parigi l’Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes, che consacrò definitivamente il cosiddetto stile Art Déco (altrimenti chiamato anche “Stile 1925”): in realtà un coacervo di tendenze che trovarono punto comune nell’applicazione estetica ai materiali d’uso corrente nella casa. Balla, Depero e Prampolini, con i loro lavori a tinte piatte, in mostra si sentono perfettamente a proprio agio, ed anzi dal loro punto di vista tutto è futurista all’Expo tanto che dichiareranno ai giornali italiani che «Parigi è invasa dal Futurismo!...»13. Depero espose una gran quantità di stoffe e portò anche molte costruzioni in legno, giocattoli e soprammobili, così come vari esempi delle sue coloratissime pubblicità realizzate a collage di carte colorate. La manifestazione parigina fu per Depero di grande importanza, sia per il discreto successo di vendita, sia per i contatti di livello internazionale che gli fecero intravedere l’idea di tentare la carta americana, e già nel 1926 partecipò all’esposizione itinerante di Arte Italiana che toccò New York, Washington e Boston e dove espose, tra gli altri, Gara ippica tra le nubi (qui in mostra), un’opera molto dinamica e molto déco. Ma è tutto il lavoro di Depero nel corso del decennio che si svolge con un’intensità ed una violenza cromatica e compositiva che ha certamente arricchito e dinamizzato il panorama delle arti applicate in Italia, non solo in termini stilistici, ma anche sul versante della sperimentazione dei materiali, come nel caso del suo “arazzo-mosaico in stoffe” che costituisce non solo una felice innovazione tecnica ma anche il più tipico esempio di quell’incontro tra “arte” e “mestiere”, proprio a livello artigianale. Con un’avvertenza, però. Gli arazzi di Depero ebbero al tempo anche una funzione propositiva di forte “rottura” e che pochissimi colsero allora, soprattutto i critici (e pochi colgono persino oggi), nella loro componente teorica e d’avanguardia. In altre parole, con la sua sperimentazione su materiali “non pittorici” Depero voleva anche significare che l’epoca del quadro-dipinto si stava avviando alla sua conclusione. Non a caso egli definiva i suoi cosiddetti arazzi “quadri in stoffa”. Per quanto concerne ancora le arti applicate, e in particolare la pubblicità, gli anni dal 1924 al 1928 sono per Depero tra i più intensi. Lavora moltissimo per le ditte più diverse quali Verzocchi (mattoni refrattari), Richard Ginori (ceramiche), Alberti (Liquore Strega), Bianchi (biciclette), Linoleum (pavimenti), Pathé (Cinema)’ Schering (farmaceutica), Presbitero (matite colorate), Vido (mandorlato), Banfi (sapone), Rim (digestivo), Rimmel (cosmetici) e molte altre ancora. Ma è soprattutto con la ditta milanese, produttrice dei famosi Bitter e Cordial Campari, che Depero intrattenne uno stretto sodalizio che coprì la seconda metà degli anni Venti e l’inizio dei Trenta14. Per Campari Depero produsse un’enorme mole di schizzi, chine, collage di carte colorate, progetti per 10 FUTURYsTA plastici pubblicitari, di cui solo una minima parte fu realizzata. Finalmente, nel settembre 1928 parte per New York dove sarà l’unico futurista a vivere non episodicamente l’esperienza con la grande metropoli nordamericana15. Realizza le ambientazioni del Ristorante Zucca (tutto l’arredo e i dipinti murali) e della sala da pranzo del Ristorante Enrico and Paglieri (in seguito, purtroppo, ambedue distrutte), studia soluzioni sceniche e costumi per il Roxy Theatre, costumi per il balletto American Sketches oltre che per coreografie di sua ideazione come Cifre e Motolampade. Lavora inoltre anche nel settore della pubblicità e dell’illustrazione realizzando copertine di riviste quali “Vogue”, “Vanity Fair”, “Sparks”, “The New Yorker”, “New Auto Atlas”, “Atlantica”, ed altre ancora. Dopo New York. Verso il Museo Depero 11 L’esperienza americana ha profondamente cambiato Depero, togliendogli quello slancio vitalistico verso il futuro che lo aveva sempre sostenuto. New York, con i suoi alti grattacieli luccicanti, ma anche con i suoi tristi sobborghi fatiscenti, gli ha mostrato il vero volto del futuro tecnologico che i futuristi italiani avevano sempre sognato. E questo futuro non s’identificava in quella città solare vista dai futuristi, ma in un caotico e brulicante crogiuolo di razze e genti affannate, ansanti, violente e spaventate. Non un futuro per il bene dell’uomo ma, forse, la sua prigione tecnologica. Tornato quindi tra i suoi monti, nel Trentino, Depero ritrova il contatto con la realtà, con la concretezza, con i valori della terra e della famiglia, ed il ritorno alla pittura risente di questo suo stato emozionale, risente inoltre anche della caduta di pulsione creativa dovuta proprio al fatto di aver “verificato” quel futuro tanto vagheggiato per cui non gli rimaneva più nulla da immaginare, e niente per cui sognare. La sua innata allegria è come raffreddata, così come la sua tavolozza. Rallenta moltissimo anche l’attività di grafico pubblicitario, che lo aveva fatto conoscere nel corso degli anni Venti, e si dà alla scrittura: teoria e prosa. Pubblica alcuni numeri di una bella rivista, “Dinamo futurista” (1933), e compone e pubblica delle Liriche radiofoniche (1934), appunto concepite per la lettura radiofonica, e infine, annuncia più volte un libro-sonoro sull’esperienza newyorkese, New York Film vissuto, che stila in gran parte ma che però non vedrà mai la luce. Si tratta dell’ultima “onda lunga” dell’esperienza americana, che rimane comunque nella sua memoria di visione per molti anni ancora. Ormai anche i suoi collegamenti con il Futurismo militante (al quale non smetterà mai di proclamarsi fedele) si fanno sempre più radi. Si ritrova così, suo malgrado, a fungere da “maestro” di tutta una schiera di giovani futuristi veneti che periodicamente salgono su a Rovereto per rendergli omaggio: è la cosiddetta “terza generazione”, e gli fa sembrare i suoi inizi futuristi ancora più lontani. Nel 1941, esegue un grande mosaico a Roma in previsione dell’esposizione E42, ma la guerra incombe nuovamente e Depero si rifugia nella quiete alpestre della sua Serrada che tante volte ha ritratto nei DEPERO suoi quadri e là inizia a pensare al suo futuro museo: quasi un paradosso per un futurista che gridava «bruciamo i musei e le accademie!». Poi, una volta finita la guerra, tenta di riannodare i fili della sua carriera e decide di ritentare l’avventura americana, ma ritrova una New York quasi ostile, chiusa al Futurismo: la fine della guerra è ancora troppo vicina ed anche le differenze ideologiche ancora troppo vive. Non bastasse, quell’inverno 1947-48 fu uno dei più freddi che si ricordi, a New York. Nei primi mesi Depero non aveva trovato neanche un alloggio, sia perché aveva pochi soldi, sia perché le vendite erano a “zero”. Perciò, per la notte aveva trovato ospitalità presso un amico che gli aveva messo a disposizione un divano letto nel suo ufficio della ditta Never Rust (“Non arrugginisco mai”!), che produceva letti, parapetti e quant’altro in ferro. Depero poteva entrare nell’ufficio solo dopo la chiusura e doveva uscire prima dell’arrivo degli impiegati. Durante il giorno gironzolava infreddolito per la città in cerca di qualche cliente. Alla sera, quando stanco e sfinito poteva riscaldarsi in quel piccolo rifugio, il nome della ditta gli sembrava persino ironico nei suoi confronti. Tuttavia, New York lo portò a contatto con i surrealisti, e con l’interesse antropologico, e questo apportò una ventata di novità nella produzione degli ultimi anni. Per sua fortuna nella primavera del 1948 lo raggiunse la moglie Rosetta e, assieme, si trasferirono a Merryhall, presso New Milford nel Connecticut, ospiti nella villa della moglie di William Hillman, il segretario del presidente degli Stati Uniti, Truman. Molte delle opere che vanno dalla metà degli anni Trenta sino ai Cinquanta sono segnate da un acceso interesse rusticano, a volte sono gli oggetti d’uso casalingo (Natura morta accesa), a volte sono casolari o scorci di montagna (Ritmi alpestri), altre volte sono i ritmi del lavoro e gli eventi della quotidianità. In questo contesto, tutt’altro che sinonimo della modernità, in queste visioni di impianto greve, palesemente staticissimo, Depero inserisce simbologie futuriste, quali tranches di memoria, e plasma il paesaggio alpino, rendendolo quasi simile ad un cristallo. Nel 1944 dipinge Rito e splendori d’osteria che segna il ritorno convinto alla miglior pittura: compenetrazioni, architettura della luce, visione multiprospettica, apparente ma sapiente monocromatismo. E poi rivisita se stesso con una serie di opere che riprendono la memoria di visione dei momenti migliori e ripassa il dinamismo e l’analisi del movimento (Nitrito in velocità e Colpo di vento). Si tratta di tutta una serie di opere che, a seconda della più o meno felice riuscita del connubio stilemico e di un nuovo rutilante cromatismo, assumono una loro poesia e ben rappresentano il cammino dell’artista durante gli ultimi anni, combattuto tra l’incognita del suo futuro artistico e la nostalgia dei suoi anni migliori. 12 FUTURYsTA Note 13 1 Giacomo Balla e Fortunato Depero, Ricostruzione futurista dell’Universo, volantino-manifesto, Milano, 1915. 2 Depero risulta abbonato a “Lacerba” sin dai primi numeri. 3 Passo citato da Maurizio Calvesi nell’analisi dei motivi originari del Futurismo, in “L’Arte Moderna”, vol. V, Milano, 1973. 4 Mario Broglio, L’Esposizione romana di Depero, in “Cronache d’Attualità”, Roma, 31 maggio 1916. 5 Per un esame più approfondito del lavoro di Depero per Diaghilev si veda: Bruno Passamani, Depero e la scena da “Colori” alla scena mobile 1916-1930, Torino, 1970. 6 Sulle vicende relative alla produzione del laboratorio degli arazzi si veda: Maurizio Scudiero, Depero. Magia degli arazzi, Trento, 1992, come pure: Maurizio Scudiero, Depero. Stoffe futuriste, Trento, 1995. 7 Il riferimento è a Tanzende Plastik (Plasticità danzante), pubblicato in “Neue Zürcher Zeitung”, Zurigo, 19 maggio 1918 (articolo anonimo ma di Albert Sautier). 8 Bruno Passamani, Splendore d’acciaio: Depero e la Macchina, in Depero (monografia), Rovereto, 1981. 9 “Rovente futurista”, n. 7-8, Parma, 1923. 10 Walter Gropius, Programm des Staatlichen Bauhauses in Weimar, in Bauhaus. Weimar, Dessau, Berlin, Chicago, a cura di Hans M. Wingler, MIT, Cambridge, 1981. 11 Fortunato Depero, Depero futurista 1913-1927, Milano, DinamoAzari, 1927. 12 in: Luigi Scrivo, Sintesi del Futurismo. Storia e Documenti, Roma, Bulzoni, 1968. 13 P.L. Fortunati, Futuristi italiani all’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa di Parigi, in “L’Impero”, Roma, 21 giugno 1925. 14 Su quest’argomento si veda: Maurizio Scudiero, Depero per Campari, Milano, 1989. 15 Sull’esperienza newyorkese di Depero si veda: Maurizio Scudiero e David Leiber, Depero futurista & New York, Rovereto,1986. DEPERO 14 FUTURYsTA ForTuNATo Depero i szTuKA ReKLamy Przemysław Strożek Instytut Sztuki, Polskiej Akademii Nauk Fortunato Depero (1892-1960) był jednym z najwybitniejsz ych przedstawicieli włoskiego ruchu futurystycznego. Futuryzm powołany do życia przez Filippa Tommasa Marinettiego w lutym 1909 r. był buntem przeciwko tradycji, zwalczaniem bezkrytycznego zachwytu nad arcydziełami włoskiej kultury. W chwili niezwykle prężnego rozwoju technologii, modernizacji oraz rozkwitu wielkich metropolii stał się radykalnym projektem wprowadzenia Włoch w obszar nowoczesności. Tradycyjnej literaturze i sztuce przeciwstawiał szeroko rozumiane działanie artystyczne, które prowadziło do metaforycznego burzenia muzeów oraz idei zrównania sztuki z życiem. W tym aspekcie futuryści wykazywali duże zainteresowanie podrzędnymi formami artystycznymi, takimi jak sztuka mody, sztuka reklamy. Były one bliskie futurystycznej wrażliwości, a co za tym idzie bliskie potrzebom nowoczesnego człowieka, dla którego sztuka mogła być ogólnodostępna w obszarze codziennego życia. Twórczość Fortunata Depery oscylowała wokół futurystycznych idei związanych z wprowadzeniem sztuki do sfery codzienności. Był artystą niezwykle wszechstronnym. Był malarzem, poetą, dramaturgiem, scenografem, fotografem, architektem, a szczególne miejsce w jego twórczości zajmowała sztuka dekoracyjna, projekty mebli, zabawek, ubrań, plakatów reklamowych. Uważał, że dzięki produkcji praktycznych artykułów i dekoracyjnej stylizacji, można ukształtować futurystyczną wrażliwość nowoczesnego społeczeństwa. Z drugiej strony rozwój przemysłu otwierał nowe możliwości dla artystów, których angażowano w projekty promowania wizerunku danego produktu. Depero współpracował z wieloma korporacjami, a jego dekoracyjny talent stał się w niedługim czasie rozpoznawalną marką nie tylko we Włoszech, ale też na całym świecie. Futurystyczna rekonstrukcja wszechświata 15 Depero urodził się w miejscowości Fondo w regionie Trentino, ale dorastał w Rovereto, gdzie kształcił swoje artystyczne rzemiosło. Prawdziwą karierę artystyczną rozpoczął jednak w chwili, gdy dołączył do ruchu futurystycznego i nawiązał w Rzymie kontakty z najstarszym spośród futurystów: Giacomem Ballą. W 1915 r podpisali wspólnie manifest zatytułowany Futurystyczna rekonstrukcja wszechświata (Ricostruzione futurista dell’Universo). W radykalny i utopijny DEPERO sposób postulował on stworzenie podstaw „sztucznej rzeczywistości”, która przejawiała się w idei syntezy wszystkich sztuk: malarstwa, rzeźby, poezji, muzyki, tworząc koncepcję tzw. „zestawów plastycznych” prac, zbudowanych na zasadzie gromadzenia i łączenia różnych materiałów. Składały się one na kształt futurystycznego krajobrazu, który formowałby się z tych sztucznych tworzyw. „Zestawy plastyczne” miały wywoływać wielodoznaniowe wrażenia: słuchowe, węchowe, dotykowe; zakładały percepcję totalną i całkowite zaangażowanie odbiorcy. Owe kompleksy były abstrakcyjnymi konstrukcjami przedmiotów, które mogłyby się poruszać, produkować światło, zapach i hałas. Przykładem takiego zestawu była m.in. wymieniona w manifeście „reclamé fono-motoplastica” (reklama fono-moto-plastyczna), zakładająca połączenie motorycznego ruchu z dźwiękiem i sztuką reklamy. Sygnalizowała ona już wówczas zainteresowanie Depery tą dziedziną działalności artystycznej. To właśnie sztuka reklamy stanie się kontynuacją tych poszukiwań artystycznych zainicjowanych „futurystyczną przebudową wszechświata”. Kierowały się w stronę syntezy poszczególnych sztuk, wprowadzając sztukę w obszar codzennego życia. Casa d’Arte Futurista w Rovereto Po zakończeniu I Wojny Światowej Depero powrócił do rodzinnego podalpejskiego regionu Trentino. W 1919 r. osiedlił się w Rovereto wraz z żoną Rosiną, gdzie założył samodzielny Casa d’Arte Futurista (Dom Sztuki Futurystycznej), mający spełniać rolę futurystycznego laboratorium sztuki dekoracyjnej. Laboratorium „produkowało” dzieła związane głównie z estetyką życia codziennego: futurystyczne ubrania, plakaty, reklamy, zabawki dla dzieci, meble, futurystyczną ceramikę. Depero zatrudnił niewielki zespół pracowników, realizujący jego artystyczne projekty. Angażował w ten sposób społeczność niewielkiego miasteczka, która wykorzystywała dla jego prac tradycyjne materiały, takie jak tkaniny, drewno, ceramika. Owe prace przesiąknięte były podalpejską ludycznością, najprawdziwszym folklorem Rovereto, łącząc w sobie regionalizm z nowoczesnymi motywami futurystycznymi. Depero wielokrotnie brał czynny udział w ludowych świętach: dekorował ulice oraz budynki, by zaznaczyć obecność Casa d’Arte Futurista w podalpejskim miasteczku. W ten oto sposób pragnął, by Rovereto całkowicie przekształciło się w wystawienniczą przestrzeń dla futurystycznej sztuki codzienności. Od połowy lat dwudziestych działalność Casa d’Arte Futurista zdobyła międzynarodowy rozgłos. Na światowej Wystawie Sztuki Dekoracyjnej w Paryżu w 1925 r. Depero 16 FUTURYsTA 17 otrzymał złoty medal, który pozwolił mu zaistnieć w europejskim świecie nowej sztuki. Jego nazwisko stało się jeszcze bardziej popularne, a w niedługim czasie od paryskiego sukcesu najważniejszą aktywnością Casa d’Arte Futurista stała się sztuka reklamy. Od 1925 r. lokalni producenci na szeroką skalę zaczęli nawiązywać kontakt z roveretiańskim futurystą, by ten projektował plakaty reklamowe dla ich poszczególnych wyrobów. Wkrótce rozpoczął też stałą współpracę nie tylko z lokalnymi, ale również z krajowymi korporacjami, które powierzyły mu promocję wizerunku własnych produktów. Należały do nich: cegielnia Verzocchi, producent wody mineralnej Acqua San Pellegrino, producent likierów Sterga, kompania farmaceutyczna Schering, wyroby cukiernicze Unica. Największą sławę przyniosła Deperze współpraca z producentem alkoholi Davidem Camparim. Rozpoczęła się ona około 1925 roku i trwała najdłużej, a jej owocem była niesłabnąca popularność zarówno wyrobów alkoholowych Campari, jak również twórczości artystycznej samego Depero. Włoski futurysta wykonywał na zlecenie Campari nie tylko plakaty reklamowe, ale zaprojektował także butelkę Campari Soda, która produkowana jest w niezmienionym kstałcie po dziś dzień od 1932 r. Casa d’Arte Futurista realizowało wiele zleceń danych producentów, a sam Depero zaczął rozwijać także ideę autopromocji (auto-réclame) własnej twórczości. Stworzył z niej nawet artystyczną teorię, którą zaprezentował w 1927 r. na kartach metalowej książki, przykręconej gwoźdźmi i skonstruowanej niczym maszyna (Libro imbullonato), zatytułowanej Depero Futurista. „Autopromocja nie jest bezcelową i wyolbrzymioną ekspresją megalomanii, ale niezbędną potrzebą umożliwienia publiczności poznania własnych idei i kreacji (…) Czas skończyć z przesądem, że artysta powinien być ceniony po śmierci albo w podstarzałym wieku. Artysta musi być rozpoznawalny, ceniony i uwielbiany za życia, dlatego też ma prawo do używania najbardziej efektownych i niespodziewanych środków artystycznych w celu reklamowania wspaniałości swoich arcydzieł”. Dlatego też spośród aktywności wykonywanych w Casa d’Arte Futurista ważne miejsce zajmowały prace poświęcone autopromocji twórczości samego Depery. Obrazy, pocztówki, katalogi, fotografie miały zwrócić uwagę na niezwykłość jego futurystycznego laboratorium. Owa autopromocja przybrała także na sile w chwili, gdy Depero postanowił opuścić prowincjonalne Rovereto i wyjechać do Nowego Jorku, by zabłysnąć na światowym rynku nowej sztuki. DEPERO Depero Futuristic House w Nowym Jorku Pod koniec lat dwudziestych Depero zdecydował się na kilkuletnią emigrację do Stanów Zjednoczonych. Decyzja ta podyktowana była nie tylko celami zarobkowymi oraz pragnieniem podniesienia własnej reputacji jako artysty, ale związana była także z odwiecznym pragnieniem Depery namacalnej obecności w epicentrum nowoczesnego świata. Depero wyruszył w podróż za Atlantyk w 1928 r., w chwili najbujniejszego w historii architektonicznego rozkwitu Nowego Jorku. Powstały wówczas słynne monumentalne wieżowce utrzymane w stylu Art Déco: Chrysler, Chanin, Empire State Building oraz RCA. Przestrzeń amerykańskiej metropolii od razu przytłoczyła jego artystyczną wyobraźnię swym widokiem drapaczy chmur; tłumów, podążających ulicami, tłumów, szturmujących metro; innymi słowy wielokulturowością i rozmaitością nowoczesnego życia. Jakże odmienna była to rzeczywistość od rzeczywistości prowincjonalnego podalpejskiego miasteczka Rovereto, w którym osiedlił się w latach dwudziestych i prowadził miejscowe laboratorium sztuki dekoracyjnej Casa d’Arte Futurista. W Nowym Jorku drapacze chmur zastąpiły górskie skały, wielokulturowość górski folklor, a regionalne laboratorium przemieniło się w wielkomiejskie studio artystyczne Depero’s Art Futuristic House (Depero Futurist House). Powstało na 464 West 23rd Street jako swego rodzaju kontynuacja roveretiańskiego Casa d’Arte Futurista. W Nowym Jorku rozpoczął Depero współpracę z prominentnymi amerykańskimi czasopismami, projektując okładki dla „Vogue”, „Vanity Fair”, „New Yorker”, „Movie Makers”. W przeciwieństwie do nacechowanej regionalizmem sztuki dekoracyjnej Casa d’Arte Futurista, tematyka jego nowojorskich prac w pełni odpowiadała gloryfikacji życia w nowoczesnym mieście. Dostosował się wówczas także do obowiązujących trendów Art Déco, które dominowały w żurnalach mody. Dzięki początkowo dobrze układającej się współpracy z nowojorskimi pismami, mógł na krótki okres zaznaczyć swoją artystyczną obecność w tej największej z światowych metropolii. Ostatecznie Depero nie podbił jednak artystycznego świata Nowego Jorku. Z powodu rosnących kłopotów finansowych, problemów ze znalezieniem nabywców prac, a także z powodu tęsknoty za ojczyzną postanowił wrócić po dwóch latach do rodzinnego Rovereto. Tam wznowił działalność laboratorium Casa d’Arte Futurista, w którym dalej rozwijał się jako artysta, związany przede wszystkim z sztuką reklamy. W rzeczywistości przestrzeń futurystycznego Nowego Jorku nie była miejscem, w którym czuł się dobrze. Choć tam spełniał się na jego oczach po raz pierwszy prawdziwie futurystyczny mit miasta-maszyny, wybrał ostatecznie 18 FUTURYsTA krajobraz podalpejskiego Trentino, w którym realizował będzie kolejne projekty artystyczne aż do swojej śmierci w 1960 r. Futuryzm i sztuka reklamy Depero wytworzył własny rozpoznawalny i oryginalny styl, który charakteryzował się geometryczną stylizacją obrazu i słowa. Wierzył, że reklama danego produktu stanie się jedną z podstaw wytworzenia dialogu między artystą a odbiorcą. Była w jego oczach fascynującą sztuką, z którą nowoczesny człowiek mógł na co dzień obcować. Widniała na murach, na ścianach budynków, na oknach, na pociągach, na drogach wszędzie. Z drugiej też strony orientowała się przede wszystkim na sprzedaż, co również zakładało pewne zaangażowanie odbiorcy w odbiór danego dzieła oraz wskazywało na futurystyczną ideę jedności życia i sztuki. W manifeście Futuryzm i sztuka reklamy (Il futurismo e l’arte pubblicitaria) opublikowanym w 1931 r. Depero pisał, że “sztuką ostatnich stuleci była sztuka zorientowana w stronę reklamy”. Sugerował w ten sposób, że nawet malarstwo minionych epok, które gloryfikowało wojnę, religię, a nawet miłość było produktem wystawionym na sprzedaż. Sam Depero postanowił pracować jedynie dla klientów (takich jak Campari), którzy opłacali jego artystyczne projekty.„Sztuką przyszłości będzie potężna sztuka reklamy” podkreślał w swym manifeście, uznając reklamowany produkt za źródło niewyczerpanej aktywności twórczej artysty, tworzącego w duchu estetyki włoskiego futuryzmu. Casa Depero 19 W niedługim czasie po zakończeniu II Wojny Światowej twórczość Depery została zepchnięta w cień międzynarodowych wydarzeń wystawienniczych. Stało się tak, ponieważ Depero nie odciął się całkowicie od faszyzmu i pozostawał wierny ideom futuryzmu, który w latach trzydziestych pojednał się z reżimem Benita Mussoliniego. Od połowy lat czterdziestych do końca lat pięćdziesiątych tworzył w odosobnieniu, w rodzinnym prowincjonalnym Rovereto, gdzie wciąż zajmował się głównie sztuką reklamy. Projektował afisze reklamowe dla tekstyliów Saccardo oraz dla fabryki makaronu Braibanti. Były to jednak projekty, które nie przyniosły Deperze międzynarodowej sławy w ówczesnym świecie sztuki. W 1959 r. w miejscu Casa d’Arte Futurista utworzył Casa Museo Depero, w którym umieścił zarówno swoje dawne, jak i aktualne dzieła, a także samodzielnie zaprojektował jego wystrój. Powołując muzeum w swoim domu pragnął zrealizować ideę ocalenia własnej twórczości od całkowitego zapomnienia. Rok później zmarł, a Casa Museo Depero prowadzone będzie przez następne lata przez jego DEPERO żonę Rosinę. W roku 2009 w roku jubileuszu stulecia futuryzmu i jublieuszu pięćdziesięciolecia ufundowania La Casa Museo Depero, otwarto w Rovereto zrekonstruowany i odnowiony dom Casa Depero, w którym umieszczone zostały jego wybitne prace z lat działalności Casa d’Arte Futurista. Złożono w ten sposób hołd wielkiemu i oryginalnemu artyście, którego niezwykła twórczość doceniona została na międzynarodowej arenie wystawienniczej z dość dużym opóźnieniem. Jego pierwsza monograficzna prezentacja prac w Polsce, która ma miejsce w Zamku Królewskim w Warszawie, zasługuje na miano ważnego wydarzenia artystycznego. Jest ona niewątpliwie pokłosiem niesłabnącego zainteresowania historią włoskiego futuryzmu, które nastąpiło w wyniku jubileuszu jego stulecia. 20 FUTURYsTA 21 OPERE DEPERO 1 KI KI GOLA’. PLASTICITA’ DI GALLO 1915 acquerello e collage su cartoncino 34,5 x 37 cm Collezione privata 2 COSTUME PER “LE CHANT DU ROSSIGNOL” 1916 collage su cartoncino - 49,7 x 33,5 cm Collezione privata 22 FUTURYsTA 3 PAESE DI TARANTELLE 1918 tarsia di stoffe colorate 56 x 88 cm Collezione privata 4 UOMO DAI BAFFI 23 1919 collage su cartoncino - 55 x 39 cm Collezione privata DEPERO 5 TOPI, PAPPAGALLI E INSETTI (Arazzetto) 1919 tarsia di stoffe colorate 60 x 80 cm Cassa Rurale di Rovereto 6 LETTRICE E RICAMATRICE AUTOMATICHE 1920/22 olio su tela 66 x 82,5 cm Collezione privata, Roma 24 FUTURYsTA 7 SCENA DI VILLAGGIO 25 1920 collage su cartoncino - 50,5 x 35 cm Collezione Massimo Rigo, Rovereto DEPERO 8 GRAMMOFONO 1923 c. progetto per manifesto collage su cartoncino - 63 x 48 cm Collezione privata 10 MANDORLATO VIDO 1924 manifesto litografico intelato 140 x 100 cm Massimo & Sonia Cirulli Archive, New York 9 TIROLESE BAFFUTO 1923 progetto per manifesto Hotel Bristol, Merano collage su cartone - 66 x 48 cm Collezione privata 26 FUTURYsTA 11 GARA IPPICA TRA LE NUBI 27 1924 olio su tela 112 x 125 cm Collezione privata, Parigi DEPERO 12 COMPOSIZIONE DI CIFRE 44-55 1924/25 tarsia di stoffe colorate 80,5 x 83,5 cm Collezione privata 13 DOPPIA ARATURA 1926/27 tarsia di stoffe colorate 110 x 100 cm Collezione Cassa Rurale di Rovereto 28 FUTURYsTA 14 MATITE [fabbrica-matite] 29 1926 collage su cartone - 60 x 45,2 cm Collezione Massimo Rigo, Rovereto DEPERO 15 CHIROTTERO VENEZIANO (IL GONDOLIERE) 1927 olio su tela 60 x 90 cm Collezione privata, Milano 16 CITRUS 1927 olio e collage su tela - 100 x 60 cm Collezione privata 30 31 FUTURYsTA DEPERO 17 CAMPARI CORDIAL 1928 collage su cartone - 45,3 x 33,2 cm Collezione privata 18 CAMPARI CORDIAL 1928 collage su cartone - 50 x 35 cm Collezione privata 32 FUTURYsTA 19 CAMPARI 33 1928 collage su cartone - 56,2 x 48,4 cm Collezione Massimo Rigo, Rovereto DEPERO 20 BITTER CAMPARI 1928-40 manifesto litografico 100 x 70 cm Massimo & Sonia Cirulli Archive, New York 21 STREGA [liquore] 1928 c. collage su cartone - 46 x 34,5 cm Collezione privata 22 LIQUORE STREGA 1928 collage su cartone - 46 x 34 cm Collezione privata, Courtesy Studio 53 Arte, Rovereto 34 35 FUTURYsTA DEPERO 23 ESTRATTO CAFFE’ 1928 collage su cartone - 64 x 46 cm Collezione privata, Courtesy Studio 53 Arte Rovereto 24 FA VANITY IR 1929 cm 60 x 0 10 collage su cartone reto tesy Studio 53 Arte, Rove Collezione privata, Cour 36 FUTURYsTA 25 DOWN-TOWN) BIG SALE (MERCATO DI 37 1930 circa olio su tela 51,5 x 75 cm Collezione privata DEPERO 26 NITRITO IN VELOCITA’ 1933/34 su tavola tempera e olio su carta 52,2 x 79 cm Collezione privata 38 FUTURYsTA 27 LA RIVISTA 39 1930/31 45 x 35 cm collage su cartoncino Collezione privata DEPERO 29 NATURA MORTA ACCESA 1936 olio su tela 100 x 70 cm Collezione privata, Torino 28 PAESAGGIO ALPESTRE LUNARE 1936 olio su tavola 66,2 x 78,8 cm Collezione privata 40 41 FUTURYsTA DEPERO 30 RISSA RUSTICANA 1° 1936/44 olio su tavola 93 x 48,5 cm Collezione privata 42 FUTURYsTA 31 ELASTICITA’ DI GATTI 43 1939/46 olio su tavola 60,2 x 89,3 cm Collezione Cassa Rurale di Rovereto DEPERO 44 FUTURYsTA 33 DONNE DEL TROPICO 1944/45 olio su tavola 47 x 38 cm Collezione privata - Courtesy Studio 53 Arte 34 FIORI TROPICALI 1944 olio su tavola 45 x 35 cm Collezione privata 32 - RITO E SPLENDORI D’OSTERIA 45 1944 olio su tavola 120 x 82 cm Collezione Cassa Rurale di Rovereto DEPERO 46 FUTURYsTA 36 COLPO DI VENTO 1947 olio su tavola 50,3 x 50,3 cm Collezione privata 35 PIANTE GRASSE 1946 olio su tavola 110 x 75 cm Collezione privata, Torino 37 STRAPPO DI VENTO 47 1948 olio su tavola 50,3 x 60,6 cm Collezione privata DEPERO 38 L’APERITIVO DELLE MUCCHE 1948 olio su tavola 60 x 50 cm Collezione privata, Torino 39 IRIDE NUCLEARE DI GALLO 1950 olio su tavola 75 x 59 cm Collezione Cassa Rurale di Rovereto 48