FUTURysTA

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FUTURysTA
FUTURysTA
MAURIZIO SCUDIERO
KURATOR
Zamek Królewski
WARSZAWA
DEPERO FUTURYSTA
Castello Reale Zamek Królewski
Varsavia Warszawa
Direttore Dyrektor: Prof. Dr. Andrzej Rottermud
13 dicembre 2010 13 febbraio 2011
13 grudnia 2010-13 lutego 2011
Promosso da Zorganizowany przez:
Istituto Italiano di Cultura Włoski Instytut Kultury
Ul. Marszałkowska 72
Varsavia Warszawa
Direttore Dyrektor: Paola Ciccolella
Addetto Addetto: Mario Vecchione
Progetto e cura della mostra
Projekt i realizacja wystawy:
Maurizio Scudiero
Testi Teksty
Maurizio Scudiero
Prszemyslav Strołek
Organizzazione Organizacja
Davide Sandrini
STart Management, Italy
Ringraziamenti Podziękowania
Collezione Cassa Rurale di Rovereto
Studio 53 Arte;
Stefano Andreis, Alessandra Cipriani, Isidoro Dusatti,
Elisabetta Franchi, Giorgio Giovanelli, Angelo Marsilli,
Massimo Rigo, Marco Simeoni, Franco Stedile,
Gian Marco Trentini ed a tutti i collezionisti che hanno
voluto mantenere l’anonimato i wszystkim kolekcjonerom, którzy chcieli zachować
anonimowość.
Traduzione Tłumaczenie
Leszek Kazana
Impaginazione Skład drukarski
EmmEsse Studio
Stampa Druk
La Grafica, Mori (TN), Italia
Copyright immagini Eredi Depero
PReMessA WsTeP
Il Futurismo, tra i movimenti dell’avanguardia
storica del primo Novecento, è sicuramente
quello che ha inciso di più nel panorama
culturale italiano dell’epoca, lasciando
testimonianze artistiche di altissimo livello
come si evince dalle opere esposte in questa
mostra dedicata a Fortunato Depero, uno dei
maggiori artisti futuristi.
E’ importante sottolineare che, nel caso del
Futurismo, gli artisti italiani ebbero, come non
mai, un ruolo di primo piano nella diffusione,
al di fuori dei confini dell’Italia, del movimento
che si propagò in molti paesi europei attraverso
altre forme e dinamiche.
Sono quindi molto lieto che siamo in grado
di offrire a Varsavia l’opportunità di ammirare
per due mesi questi capolavori al Castello
Reale. L’evento si inquadra in un più ampio
programma di rafforzamento dei rapporti
culturali fra i due Paesi.
Aldo Mantovani
Ambasciatore d’Italia in Polonia
DEPERO
PReMessA WsTeP
La mostra Depero Futurista, promossa dall’Istituto Italiano
di Cultura e allestita presso il Castello Reale di Varsavia,
segue idealmente, e in un certo senso lo completa,
il percorso cominciato con le mostra “Carte futuriste”
e “Collezionare il futurismo” che hanno avuto luogo
nell’ottobre 2009 presso il Centro di arte contemporanea
Castello Ujazdowski in occasione del primo centenario del
Manifesto del futurismo di Tommaso Maria Marinetti.
La mostra, che presenta delle opere di altissimo pregio del
pittore Fortunato Depero, provenienti per la maggior parte
da collezionisti privati italiani, intende offrire al pubblico
della capitale polacca un’ulteriore occasione di riflessione
sui molteplici aspetti di questo movimento artistico-letterario
che coinvolse, oltre l’Italia, buona parte degli Stati Europei
nei primi decenni del ‘900.
Tuttavia la scelta delle opere di Fortunato Depero qui in
mostra, che seguono un itinerario cronologico accurato,
dai suoi quadri futuristi, alle sue coloratissime pubblicità,
passando per i mosaici di stoffa, dimostrano che ogni artista
aderente al movimento futurista, seppe poi sviluppare
la propria forte personalità, attraverso un percorso
squisitamente individuale.
Piace sottolineare, nel caso di Depero, la sua vocazione
internazionale, dovuta sia alle sue origini trentine, sia ai suoi
viaggi e soggiorni otre oceano, e il suo impegno nell’arte
applicata per il quale viene considerato un precursore del
moderno designer.
Paola Ciccolella
Direttore
Istituto Italiano di Cultura di Varsavia
4
FUTURYsTA
DEPERO. ATTRAVERsO IL FUTURIsMO
Maurizio Scudiero
Curatore Archivio Depero
Breve premessa sul Futurismo
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Il 20 febbraio del 1909, a Parigi, il prestigioso giornale “Le
Figaro” dava spazio, in prima pagina, agli enunciati in forma
di manifesto di Filippo Tommaso Marinetti, figlio di un
facoltoso avvocato italiano, di vocazione poeta e editore
della rivista “Poesia”, e sanciva così l’inizio del Futurismo. Ma
perché la formula del manifesto programmatico? Questo fu
un mezzo nuovo, ed accattivante per far conoscere le idee
del Futurismo. Programmatico in quanto in esso si dichiarava
“prima” quello che si sarebbe fatto “dopo”. Un atteggiamento
del tutto innovativo, perché toglieva la “creatività” artistica da
quell’aura ancora bohémienne dell’artista che coglie la sua
”ispirazione” nell’atelier, opponendovi invece un’attitudine
del tutto moderna, e cioè quella della “progettualità”. Nuovo,
ancora, perché, mutuando le prassi della pubblicità, era
distribuito capillarmente a tutti, cioè non solo agli addetti
d’arte, ma anche per la strada, porta a porta, lanciato dal
tram, dal loggione dei teatri, e così via. Marinetti raccolse
attorno a sé, a sottoscrivere quel primo manifesto, uno
sparuto gruppo di giovani pittori, ancora sconosciuti, e cioè
Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Gino Severini e Luigi Russolo,
accompagnati da un artista già più maturo ed esperto che
era Giacomo Balla (era stato “maestro” di Boccioni e Severini).
Ben presto si scoprì di come Marinetti avesse visto giusto,
perché il Futurismo in breve divenne popolarissimo in tutta
Europa, ed a quei primi artisti che aprirono la strada se ne
unirono moltissimi, specie tra i giovani, e tra questi vi fu anche
Depero che divenne allievo di Giacomo Balla con il quale, nel
1915, sottoscrisse il rivoluzionario manifesto Ricostruzione
futurista dell’universo. In quel documento teorico furono
poste le basi operative per il vero superamento di pittura e
scultura, cioè per il “debordamento” del Futurismo nella vita
quotidiana: un’idea sino ad allora solo appena intuita dai
primi futuristi: «Noi futuristi, Balla e Depero – scrivono nel
loro manifesto del 1915 – vogliamo realizzare questa fusione
totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo
integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile,
all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. Troveremo
degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi
dell’universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci
della nostra ispirazione, per formare dei complessi plastici che
metteremo in moto»1.
DEPERO
ADESIONE DI DEPERO AL FUTURISMO
Fondamentale, per la formazione artistica di Depero, è un breve
soggiorno a Torino nel 1909, dove segue un corso di scultura
ed incontra e conosce il grande scultore Canonica. Così al
suo ritorno a Rovereto va a tirocinio per oltre un anno da un
marmista: un’esperienza altamente formativa in quanto farà
uscire allo scoperto la sua prorompente attitudine plastica. Un
altro elemento da considerare nell’ambito della sua formazione
è, verso il 1913, il particolare clima culturale roveretano. Da
una parte c’è l’ormai evidente, e montante, sua adesione al
Futurismo2, dall’altra le forti influenze mitteleuropee dovute
sia alla posizione geografica, sia alla situazione politica,
del Trentino che allora era l’estrema periferia meridionale
dell’Impero Austro-Ungarico. Nel 1913 Depero pubblica il suo
primo libro, Spezzature, una raccolta di componimenti poetici,
di prose, di pensieri e di disegni: un coacervo di sensazioni
e di allusioni tra Simbolismo e Futurismo con velati accenti
di Cubismo, e dove non mancano riferimenti a Nietzsche,
laddove Depero parla di «luci taglienti, ubriacanti riflessi
d’oro, rossi scarlatti e gialli ottone» che è appunto fin troppo
evidente accostare ad un’affermazione di Zarathustra: «Il giallo
intenso e il rosso ardente, ecco ciò che vuole il mio gusto, il
quale mescola il sangue con tutti i colori»3. Insomma la sua
pittura, la sua imagerie, nonostante le simpatie per il Futurismo
rimane tuttavia ancora più vicina al gusto del grottesco, a certo
moralismo dei capricci di Goya ed a Daumier, o ad Alberto
Martini. Stilisticamente, le opere pittoriche del periodo sono
plastiche, virili, e rimandano immediatamente a quelle di
Egger-Lienz, un maestro dell’area alpina, piuttosto che a quelle
dei futuristi. Ma sul finire dell’anno, a dicembre, Depero è a
Roma e visita la mostra di Boccioni alla Galleria futurista di
Sprovieri rimanendone profondamente colpito. L’influenza di
Boccioni è subito ravvisabile in un breve, ma intenso, ciclo di
schizzi sul dinamismo dove è pure già verificabile il taglio quasi
netto con la sua precedente produzione. Tuttavia se in termini
tematici il cambiamento è evidente, da un punto di vista
formale il passaggio è più graduale. Infatti questi primi lavori
di transizione (come ad esempio Ritmi di ballerina + clowns,
dei primi del 1914) sono svolti con una pittura densa, corposa,
grassa, una pittura tipicamente “nordica”, di confine. Di lì a
poco, però, sarà l’incontro con Balla che produrrà un ulteriore
distacco: quello da Boccioni. Poi, sulla fine del 1914, grazie alla
mediazione di Balla, è ufficialmente ammesso all’interno del
gruppo dei pittori e degli scultori futuristi.
Le sperimentazioni astratte e quelle sui complessi plastici
occupano Depero per tutto il biennio 1914-1916 e toccano
il loro apice nella grande personale romana del 1916. Ma
se, da una parte, il lavoro di ricerca con Balla lo esalta e lo
coinvolge, sente comunque la necessità “applicativa” delle
nuove formulazioni contenute in Ricostruzione. I complessi
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FUTURYsTA
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plastici si sono rivelati tanto interessanti ed innovativi quanto
poco apprezzati e di difficile realizzazione pratica. Logica
conseguenza, a questo punto, il ritorno alla figurazione, alla
riconoscibilità, cui dà una mano il suo avvicinamento al mondo
del teatro. Il 1916, a questo riguardo, è un anno cruciale. Prima
s’inventa una sintesi teatrale titolata Colori: un’azione scenica
di pura astrazione dove mancano infatti gli attori, sostituiti da
“individualità astratte” immerse in uno spazio scenico-colore.
A questa segue Mimismagia, del quale ci rimangono alcuni
bozzetti di progetto dei costumi, e anche questo nuovo lavoro
teatrale (come il primo rimasto sulla carta) pone l’accento sulla
“emozione estrinsecata nella danza mimico acrobatica con
costumi plastici a trasformazione”4. Ma, verso la fine del 1916,
Depero conosce Diaghilev, l’impresario dei Balletti Russi, che
visita il suo studio e gli commissiona la realizzazione delle scene
e dei costumi plastici per Le Chant du Rossignol con musiche
di Stravinskij. Depero riesce a realizzare un modello in scala del
grande scenario plastico ed i bozzetti di tutti i costumi a collage
di carte colorate. Poi, vari contrattempi nella realizzazione dei
costumi e soprattutto del grande scenario (dovuto anche al
contemporaneo incarico a collaborare ai costumi di Picasso per
Parade) non gli permettono di completare il lavoro nei tempi
previsti e, quindi, tutto va a monte. Le Chant du Rossignol andrà
in scena solo nel 1920, a Parigi, ma con i costumi di Matisse5.
Il fallimento del progetto per i Balletti Russi, e la disponibilità
di un certo numero di stoffe colorate per i costumi teatrali
(rimaste appunto inutilizzate), gli suggerì l’idea di sostituirle
alle carte dei collage che andava eseguendo in quel periodo.
Nacquero così i cosiddetti “arazzi Depero”. All’inizio, dunque, si
trattava di “mosaici di stoffe colorate” incollate su di un supporto
di cartone. Poi, alla colla si sostituirono ago e filo ed al cartone
della tela grezza per lenzuola, e un po’ alla volta la tecnica fu
sempre più perfezionata. Il successo commerciale fu quasi
immediato. Le richieste, anche di opere di grandi dimensioni,
non mancavano. Furono perciò assunte un certo numero di
collaboratrici che, coordinate dalla moglie Rosetta, per anni
produssero sotto la guida di Depero certamente alcune tra le
più belle composizioni in stoffe colorate del secolo XX6. L’idea
di questi lavori in stoffe fu concepita a Capri, quando era ospite
del poeta svizzero Gilbert Clavel con il quale ideò anche I Balli
Plastici, uno spettacolo andato in scena la sera del 14 aprile
del 1918 al Teatro dei Piccoli di Roma. Musiche d’avanguardia
e per attori… delle marionette di legno. Depero raggiunge
qui il punto più alto della sua sperimentazione teatrale (che,
dopo quest’esperienza abbandonerà sino alla metà degli anni
Venti), attuando la trasposizione del Teatro delle marionette
nella lingua delle nuove forme cubiste-futuriste dove il dialogo,
come ha ben osservato Albert Sautier, è sostituito dalla pura
azione mimica7. La pittura di Depero di quel periodo diviene
perciò un ambito di “fissazione”, di memoria, piuttosto che di
sperimentazione autonoma. E, trattandosi di marionette, la loro
trasposizione dipinta diviene una palestra di pulsioni plastiche.
Depero, infatti, già con un lustro di anticipo sul Manifesto
DEPERO
dell’Arte Meccanica, di Paladini e Pannaggi (1922), sin dal 1917
porta avanti una sua elaborazione della marionetta, ridotta ai
suoi volumi essenziali, quasi cubisti, una sorta di stilizzazione
se non proprio freddamente meccanica certo meccanicodecorativa, come ha puntualizzato Bruno Passamani 8.
Ricerche che sfociate appunto prima ne I Balli Plastici hanno
poi trovato nelle tele un ulteriore scarto progettuale dove la
robotizzazione oppure la scomposizione volumetrica è portata
sino alle estreme conseguenze.
Verso la fine degli anni Dieci un vento di revisione inizia a
soffiare sull’Europa artistica, e trasforma ansie e furori delle
avanguardie in angosce esistenziali, nella ricerca di un punto
fermo, di un riferimento, che viene identificato nel “ritorno al
mestiere”, ad una solida progettualità. Così si guarda a Giotto,
a Paolo Uccello, a Piero della Francesca. Nel 1916 Picasso,
dopo aver frantumato ogni ordine nell’immagine, si reca in
“pellegrinaggio” a Pompei, alla riscoperta del Classicismo. Nel
febbraio del 1919, alla Galleria Bragaglia di Roma, Giorgio
de Chirico con i suoi manichini metafisici scuote il quartier
generale del Futurismo. Depero, in quel momento è con
De Chirico e Carrà alla mostra sulla pittura d’avanguardia di
Viareggio. Poi, sicuramente, visita la mostra del metafisico a
Roma. Nascono così un gruppo di opere - Città meccanizzata
dalle ombre, Io e mia moglie, La casa del Mago e Lettrice e
ricamatrice automatiche (qui in mostra) - che si accostano
al tema metafisico, declinandolo secondo una sensibilità
“ambientale” del tutto deperiana che vive del clima magico
del suo laboratorio degli arazzi di Rovereto, spesso associato
appunto all’idea di un magismo creativo sovra-naturale, ovvero
meta-fisico. Quella di Depero è quindi una nuova, ed ulteriore,
visione della realtà che si pone tra il metafisico ed il magico.
Altre opere, invece, vivono di enfasi decorativa, come Ciociara,
e confermano l’atipicità della sua militanza futurista. Carlo Belli,
definiva l’insieme di queste opere atipiche come appartenenti
al “neoclassicismo metafisico” di Depero. Egli non intendeva
certo il termine ”neoclassico” nell’accezione comune, cioè,
per usare le sue parole «non la ripresa di modelli classicisti,
più o meno antichi, come avviene nel povero Novecentismo
pittorico e letterario di alcuni artisti italiani già militanti nel
Futurismo, ma, se si tratta del Depero, la instaurazione di un
sentimento classico di nuova vigorosa invenzione, inteso come
opposizione a romanticismi, impressionismi, simbolismi e...
neoclassicismi»9. Le modalità di questa poetica furono una
sorta di “ossessione” a solidificare i vaghi flussi lasciati nell’aria
dall’Impressionismo, l’abolizione dei mezzi toni, il ricorso
alla “musa meccanica” e la violenza cromatica racchiusa in
campiture ben delineate, spesso dagli esiti tridimensionali.
Insomma è alquanto evidente che in questo momento Depero
è al di là anche del Futurismo stesso.
All’inizio del 1919, si tiene a Milano l’Esposizione Nazionale
Futurista, dove Marinetti raduna il meglio dei futuristi superstiti
8
FUTURYsTA
e le giovani leve per rilanciare il Futurismo del dopoguerra,
dalla quale il movimento era uscito decimato: morti Boccioni
e Sant’Elia, Carrà transfuga verso la Metafisica, Sironi in rotta
verso il futuro Novecento e un po’ persi per strada Severini
e Russolo. Anche Depero è invitato, ed espone oltre ottanta
opere, tra pittura ed arte applicata. Poi ritorna a Rovereto, che
trova ancora distrutta dagli eventi bellici e, in quel clima di
ricostruzione, fonda la sua Casa d’Arte Futurista che, grazie alle
sue continue, ed azzeccate, ideazioni, diverrà la più conosciuta
ed apprezzata nel corso degli anni Venti e, tra alterne vicende
(e temporanei trasferimenti a Parigi e New York) rimarrà in
attività sino all’inizio degli anni Quaranta. È evidente che la
produzione di Depero è, e sarà, di carattere artigianale, non
giungendo mai a quei “grandi numeri” che avrebbe richiesto
una produzione che avesse voluto penetrare in vasti mercati,
come ad esempio quello americano. Ma ciò a scapito della
qualità e senza la possibilità di un diretto controllo dell’artista
sul singolo pezzo. Dunque scelta cosciente, voluta, e forse
anche suggerita dalla lettura del manifesto della Bauhaus,
del 1919, laddove incitava: «Architetti, scultori, pittori, noi tutti
dobbiamo tornare all’artigianato! Non esiste infatti un’arte
“professionale”. Non c’è alcuna differenza sostanziale tra l’artista
e l’artigiano... Formiamo dunque una nuova corporazione di
artigiani...»10. Che Depero avesse avuto notizia del manifesto di
Gropius è un’ipotesi non del tutto remota (proprio per i rapporti
e le relazioni culturali e scolastiche che Depero mantenne con
gli ex colleghi dell’Elisabettina in seguito studenti a Vienna o
Monaco di Baviera). Certo, non poteva che esserne in sintonia.
Gli anni venti, dal ritorno all’ordine a New York
9
Gli anni Venti per le avanguardie, ma soprattutto per il
Futurismo, celebrano il trionfo della “Macchina”. In Francia
si pubblica da qualche tempo “L’Esprit nouveau”, dove
Ozenfant e Le Corbusier portano avanti la loro idea “purista”
di un macchinismo pittorico verso il quale mostrò notevoli
convergenze la pittura di Depero degli anni Venti, che assume
quei toni metallici e levigati, appunto meccanici, senza
dimenticare che, a proposito di “meccanizzazione”, Depero
aveva lavorato concettualmente su questo tema sin dal 1918,
cioè dai tempi de I Balli Plastici. Inoltre, nel suo “libro bullonato”
che esce nel 1927 (ma che riassume attività e teoria dal 1913)
pubblica il manifesto che celebra la Macchina e lo Stile d’acciaio
e afferma: «Adoro i motori, adoro le locomotive, mi ispirano
ottimismo infrangibile...»11, ma nel frattempo, però, non abdica
completamente al dominio del “metallo” e lo coniuga quanto
più possibile con gli elementi naturali (come nel dipinto Alto
paesaggio d’acciaio). Durante lo stesso anno, a New York, è
l’apoteosi dell’Era Meccanica appunto con la monumentale
Machine Age Exhibition, il cui catalogo è opportunamente
illustrato da una copertina di Léger. Poi, ancora nel 1927, da
Bragaglia va in scena il pessimista L’Angoscia delle macchine,
DEPERO
di Ruggero Vasari, mentre il decennio si chiude sul manifesto
(1928) promosso da Azari Per una società di protezione
delle macchine: «La macchina ha arricchito la nostra vita...
eliminerà definitivamente la povertà e quindi la lotta di
classe»12. Ma nel frattempo (1925) si tenne a Parigi l’Exposition
Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes,
che consacrò definitivamente il cosiddetto stile Art Déco
(altrimenti chiamato anche “Stile 1925”): in realtà un coacervo
di tendenze che trovarono punto comune nell’applicazione
estetica ai materiali d’uso corrente nella casa. Balla, Depero e
Prampolini, con i loro lavori a tinte piatte, in mostra si sentono
perfettamente a proprio agio, ed anzi dal loro punto di vista
tutto è futurista all’Expo tanto che dichiareranno ai giornali
italiani che «Parigi è invasa dal Futurismo!...»13. Depero espose
una gran quantità di stoffe e portò anche molte costruzioni
in legno, giocattoli e soprammobili, così come vari esempi
delle sue coloratissime pubblicità realizzate a collage di carte
colorate. La manifestazione parigina fu per Depero di grande
importanza, sia per il discreto successo di vendita, sia per i
contatti di livello internazionale che gli fecero intravedere
l’idea di tentare la carta americana, e già nel 1926 partecipò
all’esposizione itinerante di Arte Italiana che toccò New York,
Washington e Boston e dove espose, tra gli altri, Gara ippica
tra le nubi (qui in mostra), un’opera molto dinamica e molto
déco. Ma è tutto il lavoro di Depero nel corso del decennio
che si svolge con un’intensità ed una violenza cromatica e
compositiva che ha certamente arricchito e dinamizzato il
panorama delle arti applicate in Italia, non solo in termini
stilistici, ma anche sul versante della sperimentazione dei
materiali, come nel caso del suo “arazzo-mosaico in stoffe”
che costituisce non solo una felice innovazione tecnica
ma anche il più tipico esempio di quell’incontro tra “arte” e
“mestiere”, proprio a livello artigianale. Con un’avvertenza,
però. Gli arazzi di Depero ebbero al tempo anche una funzione
propositiva di forte “rottura” e che pochissimi colsero allora,
soprattutto i critici (e pochi colgono persino oggi), nella loro
componente teorica e d’avanguardia. In altre parole, con la
sua sperimentazione su materiali “non pittorici” Depero voleva
anche significare che l’epoca del quadro-dipinto si stava
avviando alla sua conclusione. Non a caso egli definiva i suoi
cosiddetti arazzi “quadri in stoffa”. Per quanto concerne ancora
le arti applicate, e in particolare la pubblicità, gli anni dal 1924
al 1928 sono per Depero tra i più intensi. Lavora moltissimo
per le ditte più diverse quali Verzocchi (mattoni refrattari),
Richard Ginori (ceramiche), Alberti (Liquore Strega), Bianchi
(biciclette), Linoleum (pavimenti), Pathé (Cinema)’ Schering
(farmaceutica), Presbitero (matite colorate), Vido (mandorlato),
Banfi (sapone), Rim (digestivo), Rimmel (cosmetici) e molte
altre ancora. Ma è soprattutto con la ditta milanese, produttrice
dei famosi Bitter e Cordial Campari, che Depero intrattenne
uno stretto sodalizio che coprì la seconda metà degli anni Venti
e l’inizio dei Trenta14. Per Campari Depero produsse un’enorme
mole di schizzi, chine, collage di carte colorate, progetti per
10
FUTURYsTA
plastici pubblicitari, di cui solo una minima parte fu realizzata.
Finalmente, nel settembre 1928 parte per New York dove sarà
l’unico futurista a vivere non episodicamente l’esperienza con
la grande metropoli nordamericana15. Realizza le ambientazioni
del Ristorante Zucca (tutto l’arredo e i dipinti murali) e della
sala da pranzo del Ristorante Enrico and Paglieri (in seguito,
purtroppo, ambedue distrutte), studia soluzioni sceniche e
costumi per il Roxy Theatre, costumi per il balletto American
Sketches oltre che per coreografie di sua ideazione come
Cifre e Motolampade. Lavora inoltre anche nel settore della
pubblicità e dell’illustrazione realizzando copertine di riviste
quali “Vogue”, “Vanity Fair”, “Sparks”, “The New Yorker”, “New Auto
Atlas”, “Atlantica”, ed altre ancora.
Dopo New York. Verso il Museo Depero
11
L’esperienza americana ha profondamente cambiato Depero,
togliendogli quello slancio vitalistico verso il futuro che lo aveva
sempre sostenuto. New York, con i suoi alti grattacieli luccicanti,
ma anche con i suoi tristi sobborghi fatiscenti, gli ha mostrato il
vero volto del futuro tecnologico che i futuristi italiani avevano
sempre sognato. E questo futuro non s’identificava in quella
città solare vista dai futuristi, ma in un caotico e brulicante
crogiuolo di razze e genti affannate, ansanti, violente e
spaventate. Non un futuro per il bene dell’uomo ma, forse,
la sua prigione tecnologica. Tornato quindi tra i suoi monti,
nel Trentino, Depero ritrova il contatto con la realtà, con la
concretezza, con i valori della terra e della famiglia, ed il ritorno
alla pittura risente di questo suo stato emozionale, risente
inoltre anche della caduta di pulsione creativa dovuta proprio
al fatto di aver “verificato” quel futuro tanto vagheggiato per
cui non gli rimaneva più nulla da immaginare, e niente per
cui sognare. La sua innata allegria è come raffreddata, così
come la sua tavolozza. Rallenta moltissimo anche l’attività di
grafico pubblicitario, che lo aveva fatto conoscere nel corso
degli anni Venti, e si dà alla scrittura: teoria e prosa. Pubblica
alcuni numeri di una bella rivista, “Dinamo futurista” (1933), e
compone e pubblica delle Liriche radiofoniche (1934), appunto
concepite per la lettura radiofonica, e infine, annuncia più
volte un libro-sonoro sull’esperienza newyorkese, New York
Film vissuto, che stila in gran parte ma che però non vedrà
mai la luce. Si tratta dell’ultima “onda lunga” dell’esperienza
americana, che rimane comunque nella sua memoria di visione
per molti anni ancora. Ormai anche i suoi collegamenti con il
Futurismo militante (al quale non smetterà mai di proclamarsi
fedele) si fanno sempre più radi. Si ritrova così, suo malgrado,
a fungere da “maestro” di tutta una schiera di giovani futuristi
veneti che periodicamente salgono su a Rovereto per rendergli
omaggio: è la cosiddetta “terza generazione”, e gli fa sembrare
i suoi inizi futuristi ancora più lontani. Nel 1941, esegue un
grande mosaico a Roma in previsione dell’esposizione E42,
ma la guerra incombe nuovamente e Depero si rifugia nella
quiete alpestre della sua Serrada che tante volte ha ritratto nei
DEPERO
suoi quadri e là inizia a pensare al suo futuro museo: quasi un
paradosso per un futurista che gridava «bruciamo i musei e
le accademie!».
Poi, una volta finita la guerra, tenta di riannodare i fili della
sua carriera e decide di ritentare l’avventura americana, ma
ritrova una New York quasi ostile, chiusa al Futurismo: la fine
della guerra è ancora troppo vicina ed anche le differenze
ideologiche ancora troppo vive. Non bastasse, quell’inverno
1947-48 fu uno dei più freddi che si ricordi, a New York. Nei
primi mesi Depero non aveva trovato neanche un alloggio,
sia perché aveva pochi soldi, sia perché le vendite erano a
“zero”. Perciò, per la notte aveva trovato ospitalità presso un
amico che gli aveva messo a disposizione un divano letto nel
suo ufficio della ditta Never Rust (“Non arrugginisco mai”!),
che produceva letti, parapetti e quant’altro in ferro. Depero
poteva entrare nell’ufficio solo dopo la chiusura e doveva
uscire prima dell’arrivo degli impiegati. Durante il giorno
gironzolava infreddolito per la città in cerca di qualche cliente.
Alla sera, quando stanco e sfinito poteva riscaldarsi in quel
piccolo rifugio, il nome della ditta gli sembrava persino ironico
nei suoi confronti. Tuttavia, New York lo portò a contatto con
i surrealisti, e con l’interesse antropologico, e questo apportò
una ventata di novità nella produzione degli ultimi anni. Per sua
fortuna nella primavera del 1948 lo raggiunse la moglie Rosetta
e, assieme, si trasferirono a Merryhall, presso New Milford nel
Connecticut, ospiti nella villa della moglie di William Hillman,
il segretario del presidente degli Stati Uniti, Truman.
Molte delle opere che vanno dalla metà degli anni Trenta sino
ai Cinquanta sono segnate da un acceso interesse rusticano, a
volte sono gli oggetti d’uso casalingo (Natura morta accesa), a
volte sono casolari o scorci di montagna (Ritmi alpestri), altre
volte sono i ritmi del lavoro e gli eventi della quotidianità. In
questo contesto, tutt’altro che sinonimo della modernità, in
queste visioni di impianto greve, palesemente staticissimo,
Depero inserisce simbologie futuriste, quali tranches di
memoria, e plasma il paesaggio alpino, rendendolo quasi simile
ad un cristallo. Nel 1944 dipinge Rito e splendori d’osteria che
segna il ritorno convinto alla miglior pittura: compenetrazioni,
architettura della luce, visione multiprospettica, apparente ma
sapiente monocromatismo. E poi rivisita se stesso con una serie
di opere che riprendono la memoria di visione dei momenti
migliori e ripassa il dinamismo e l’analisi del movimento
(Nitrito in velocità e Colpo di vento).
Si tratta di tutta una serie di opere che, a seconda della più
o meno felice riuscita del connubio stilemico e di un nuovo
rutilante cromatismo, assumono una loro poesia e ben
rappresentano il cammino dell’artista durante gli ultimi anni,
combattuto tra l’incognita del suo futuro artistico e la nostalgia
dei suoi anni migliori.
12
FUTURYsTA
Note
13
1 Giacomo Balla e Fortunato Depero, Ricostruzione
futurista
dell’Universo, volantino-manifesto, Milano, 1915.
2 Depero risulta abbonato a “Lacerba” sin dai primi
numeri.
3 Passo citato da Maurizio Calvesi nell’analisi dei
motivi originari
del Futurismo, in “L’Arte Moderna”, vol. V, Milano, 1973.
4 Mario Broglio, L’Esposizione romana di Depero, in
“Cronache
d’Attualità”, Roma, 31 maggio 1916.
5 Per un esame più approfondito del lavoro di
Depero per Diaghilev
si veda: Bruno Passamani, Depero e la scena da
“Colori” alla scena
mobile 1916-1930, Torino, 1970.
6 Sulle vicende relative alla produzione del
laboratorio degli arazzi
si veda: Maurizio Scudiero, Depero. Magia degli arazzi,
Trento,
1992, come pure: Maurizio Scudiero, Depero. Stoffe
futuriste,
Trento, 1995.
7 Il riferimento è a Tanzende Plastik (Plasticità
danzante), pubblicato
in “Neue Zürcher Zeitung”, Zurigo, 19 maggio 1918
(articolo
anonimo ma di Albert Sautier).
8 Bruno Passamani, Splendore d’acciaio: Depero e la
Macchina,
in Depero (monografia), Rovereto, 1981.
9 “Rovente futurista”, n. 7-8, Parma, 1923.
10 Walter Gropius, Programm des Staatlichen
Bauhauses in Weimar,
in Bauhaus. Weimar, Dessau, Berlin, Chicago, a cura di
Hans M.
Wingler, MIT, Cambridge, 1981.
11 Fortunato Depero, Depero futurista 1913-1927,
Milano, DinamoAzari, 1927.
12 in: Luigi Scrivo, Sintesi del Futurismo. Storia e
Documenti, Roma,
Bulzoni, 1968.
13 P.L. Fortunati, Futuristi italiani all’Esposizione
Internazionale d’Arte
Decorativa di Parigi, in “L’Impero”, Roma, 21 giugno
1925.
14 Su quest’argomento si veda: Maurizio Scudiero,
Depero per
Campari, Milano, 1989.
15 Sull’esperienza newyorkese di Depero si veda:
Maurizio Scudiero
e David Leiber, Depero futurista & New York,
Rovereto,1986.
DEPERO
14
FUTURYsTA
ForTuNATo Depero i szTuKA ReKLamy
Przemysław Strożek
Instytut Sztuki, Polskiej Akademii Nauk
Fortunato Depero (1892-1960) był jednym z
najwybitniejsz ych przedstawicieli włoskiego ruchu
futurystycznego. Futuryzm powołany do życia przez Filippa
Tommasa Marinettiego w lutym 1909 r. był buntem przeciwko
tradycji, zwalczaniem bezkrytycznego zachwytu nad
arcydziełami włoskiej kultury. W chwili niezwykle prężnego
rozwoju technologii, modernizacji oraz rozkwitu wielkich
metropolii stał się radykalnym projektem wprowadzenia
Włoch w obszar nowoczesności. Tradycyjnej literaturze i
sztuce przeciwstawiał szeroko rozumiane działanie artystyczne,
które prowadziło do metaforycznego burzenia muzeów oraz
idei zrównania sztuki z życiem. W tym aspekcie futuryści
wykazywali duże zainteresowanie podrzędnymi formami
artystycznymi, takimi jak sztuka mody, sztuka reklamy. Były
one bliskie futurystycznej wrażliwości, a co za tym idzie bliskie
potrzebom nowoczesnego człowieka, dla którego sztuka
mogła być ogólnodostępna w obszarze codziennego życia.
Twórczość Fortunata Depery oscylowała wokół
futurystycznych idei związanych z wprowadzeniem sztuki do
sfery codzienności. Był artystą niezwykle wszechstronnym. Był
malarzem, poetą, dramaturgiem, scenografem, fotografem,
architektem, a szczególne miejsce w jego twórczości
zajmowała sztuka dekoracyjna, projekty mebli, zabawek,
ubrań, plakatów reklamowych. Uważał, że dzięki produkcji
praktycznych artykułów i dekoracyjnej stylizacji, można
ukształtować futurystyczną wrażliwość nowoczesnego
społeczeństwa. Z drugiej strony rozwój przemysłu otwierał
nowe możliwości dla artystów, których angażowano w
projekty promowania wizerunku danego produktu. Depero
współpracował z wieloma korporacjami, a jego dekoracyjny
talent stał się w niedługim czasie rozpoznawalną marką nie
tylko we Włoszech, ale też na całym świecie.
Futurystyczna rekonstrukcja wszechświata
15
Depero urodził się w miejscowości Fondo w regionie
Trentino, ale dorastał w Rovereto, gdzie kształcił swoje
artystyczne rzemiosło. Prawdziwą karierę artystyczną rozpoczął
jednak w chwili, gdy dołączył do ruchu futurystycznego i
nawiązał w Rzymie kontakty z najstarszym spośród futurystów:
Giacomem Ballą. W 1915 r podpisali wspólnie manifest
zatytułowany Futurystyczna rekonstrukcja wszechświata
(Ricostruzione futurista dell’Universo). W radykalny i utopijny
DEPERO
sposób postulował on stworzenie podstaw „sztucznej
rzeczywistości”, która przejawiała się w idei syntezy wszystkich
sztuk: malarstwa, rzeźby, poezji, muzyki, tworząc koncepcję
tzw. „zestawów plastycznych” prac, zbudowanych na zasadzie
gromadzenia i łączenia różnych materiałów. Składały się one na
kształt futurystycznego krajobrazu, który formowałby się z tych
sztucznych tworzyw. „Zestawy plastyczne” miały wywoływać
wielodoznaniowe wrażenia: słuchowe, węchowe, dotykowe;
zakładały percepcję totalną i całkowite zaangażowanie
odbiorcy. Owe kompleksy były abstrakcyjnymi konstrukcjami
przedmiotów, które mogłyby się poruszać, produkować
światło, zapach i hałas. Przykładem takiego zestawu była
m.in. wymieniona w manifeście „reclamé fono-motoplastica” (reklama fono-moto-plastyczna), zakładająca
połączenie motorycznego ruchu z dźwiękiem i sztuką reklamy.
Sygnalizowała ona już wówczas zainteresowanie Depery tą
dziedziną działalności artystycznej. To właśnie sztuka reklamy
stanie się kontynuacją tych poszukiwań artystycznych
zainicjowanych „futurystyczną przebudową wszechświata”.
Kierowały się w stronę syntezy poszczególnych sztuk,
wprowadzając sztukę w obszar codzennego życia.
Casa d’Arte Futurista w Rovereto
Po zakończeniu I Wojny Światowej Depero powrócił
do rodzinnego podalpejskiego regionu Trentino. W 1919
r. osiedlił się w Rovereto wraz z żoną Rosiną, gdzie założył
samodzielny Casa d’Arte Futurista (Dom Sztuki Futurystycznej),
mający spełniać rolę futurystycznego laboratorium sztuki
dekoracyjnej. Laboratorium „produkowało” dzieła związane
głównie z estetyką życia codziennego: futurystyczne ubrania,
plakaty, reklamy, zabawki dla dzieci, meble, futurystyczną
ceramikę. Depero zatrudnił niewielki zespół pracowników,
realizujący jego artystyczne projekty. Angażował w ten sposób
społeczność niewielkiego miasteczka, która wykorzystywała
dla jego prac tradycyjne materiały, takie jak tkaniny, drewno,
ceramika. Owe prace przesiąknięte były podalpejską
ludycznością, najprawdziwszym folklorem Rovereto, łącząc w
sobie regionalizm z nowoczesnymi motywami futurystycznymi.
Depero wielokrotnie brał czynny udział w ludowych świętach:
dekorował ulice oraz budynki, by zaznaczyć obecność
Casa d’Arte Futurista w podalpejskim miasteczku. W ten
oto sposób pragnął, by Rovereto całkowicie przekształciło
się w wystawienniczą przestrzeń dla futurystycznej sztuki
codzienności.
Od połowy lat dwudziestych działalność Casa d’Arte
Futurista zdobyła międzynarodowy rozgłos. Na światowej
Wystawie Sztuki Dekoracyjnej w Paryżu w 1925 r. Depero
16
FUTURYsTA
17
otrzymał złoty medal, który pozwolił mu zaistnieć w
europejskim świecie nowej sztuki. Jego nazwisko stało się
jeszcze bardziej popularne, a w niedługim czasie od paryskiego
sukcesu najważniejszą aktywnością Casa d’Arte Futurista stała
się sztuka reklamy. Od 1925 r. lokalni producenci na szeroką
skalę zaczęli nawiązywać kontakt z roveretiańskim futurystą,
by ten projektował plakaty reklamowe dla ich poszczególnych
wyrobów. Wkrótce rozpoczął też stałą współpracę nie tylko
z lokalnymi, ale również z krajowymi korporacjami, które
powierzyły mu promocję wizerunku własnych produktów.
Należały do nich: cegielnia Verzocchi, producent wody
mineralnej Acqua San Pellegrino, producent likierów Sterga,
kompania farmaceutyczna Schering, wyroby cukiernicze
Unica. Największą sławę przyniosła Deperze współpraca z
producentem alkoholi Davidem Camparim. Rozpoczęła się
ona około 1925 roku i trwała najdłużej, a jej owocem była
niesłabnąca popularność zarówno wyrobów alkoholowych
Campari, jak również twórczości artystycznej samego Depero.
Włoski futurysta wykonywał na zlecenie Campari nie tylko
plakaty reklamowe, ale zaprojektował także butelkę Campari
Soda, która produkowana jest w niezmienionym kstałcie po
dziś dzień od 1932 r.
Casa d’Arte Futurista realizowało wiele zleceń danych
producentów, a sam Depero zaczął rozwijać także ideę
autopromocji (auto-réclame) własnej twórczości. Stworzył z
niej nawet artystyczną teorię, którą zaprezentował w 1927
r. na kartach metalowej książki, przykręconej gwoźdźmi
i skonstruowanej niczym maszyna (Libro imbullonato),
zatytułowanej Depero Futurista. „Autopromocja nie jest
bezcelową i wyolbrzymioną ekspresją megalomanii, ale
niezbędną potrzebą umożliwienia publiczności poznania
własnych idei i kreacji (…) Czas skończyć z przesądem, że
artysta powinien być ceniony po śmierci albo w podstarzałym
wieku. Artysta musi być rozpoznawalny, ceniony i uwielbiany
za życia, dlatego też ma prawo do używania najbardziej
efektownych i niespodziewanych środków artystycznych w
celu reklamowania wspaniałości swoich arcydzieł”. Dlatego
też spośród aktywności wykonywanych w Casa d’Arte
Futurista ważne miejsce zajmowały prace poświęcone
autopromocji twórczości samego Depery. Obrazy, pocztówki,
katalogi, fotografie miały zwrócić uwagę na niezwykłość jego
futurystycznego laboratorium. Owa autopromocja przybrała
także na sile w chwili, gdy Depero postanowił opuścić
prowincjonalne Rovereto i wyjechać do Nowego Jorku, by
zabłysnąć na światowym rynku nowej sztuki.
DEPERO
Depero Futuristic House w Nowym Jorku
Pod koniec lat dwudziestych Depero zdecydował się
na kilkuletnią emigrację do Stanów Zjednoczonych. Decyzja
ta podyktowana była nie tylko celami zarobkowymi oraz
pragnieniem podniesienia własnej reputacji jako artysty,
ale związana była także z odwiecznym pragnieniem Depery
namacalnej obecności w epicentrum nowoczesnego świata.
Depero wyruszył w podróż za Atlantyk w 1928 r., w chwili
najbujniejszego w historii architektonicznego rozkwitu Nowego
Jorku. Powstały wówczas słynne monumentalne wieżowce
utrzymane w stylu Art Déco: Chrysler, Chanin, Empire State
Building oraz RCA. Przestrzeń amerykańskiej metropolii od
razu przytłoczyła jego artystyczną wyobraźnię swym widokiem
drapaczy chmur; tłumów, podążających ulicami, tłumów,
szturmujących metro; innymi słowy wielokulturowością i
rozmaitością nowoczesnego życia. Jakże odmienna była
to rzeczywistość od rzeczywistości prowincjonalnego
podalpejskiego miasteczka Rovereto, w którym osiedlił się
w latach dwudziestych i prowadził miejscowe laboratorium
sztuki dekoracyjnej Casa d’Arte Futurista. W Nowym Jorku
drapacze chmur zastąpiły górskie skały, wielokulturowość
górski folklor, a regionalne laboratorium przemieniło się w
wielkomiejskie studio artystyczne Depero’s Art Futuristic
House (Depero Futurist House). Powstało na 464 West 23rd
Street jako swego rodzaju kontynuacja roveretiańskiego Casa
d’Arte Futurista.
W Nowym Jorku rozpoczął Depero współpracę z
prominentnymi amerykańskimi czasopismami, projektując
okładki dla „Vogue”, „Vanity Fair”, „New Yorker”, „Movie Makers”.
W przeciwieństwie do nacechowanej regionalizmem sztuki
dekoracyjnej Casa d’Arte Futurista, tematyka jego nowojorskich
prac w pełni odpowiadała gloryfikacji życia w nowoczesnym
mieście. Dostosował się wówczas także do obowiązujących
trendów Art Déco, które dominowały w żurnalach mody. Dzięki
początkowo dobrze układającej się współpracy z nowojorskimi
pismami, mógł na krótki okres zaznaczyć swoją artystyczną
obecność w tej największej z światowych metropolii.
Ostatecznie Depero nie podbił jednak artystycznego
świata Nowego Jorku. Z powodu rosnących kłopotów
finansowych, problemów ze znalezieniem nabywców prac,
a także z powodu tęsknoty za ojczyzną postanowił wrócić
po dwóch latach do rodzinnego Rovereto. Tam wznowił
działalność laboratorium Casa d’Arte Futurista, w którym dalej
rozwijał się jako artysta, związany przede wszystkim z sztuką
reklamy. W rzeczywistości przestrzeń futurystycznego Nowego
Jorku nie była miejscem, w którym czuł się dobrze. Choć
tam spełniał się na jego oczach po raz pierwszy prawdziwie
futurystyczny mit miasta-maszyny, wybrał ostatecznie
18
FUTURYsTA
krajobraz podalpejskiego Trentino, w którym realizował będzie
kolejne projekty artystyczne aż do swojej śmierci w 1960 r.
Futuryzm i sztuka reklamy
Depero wytworzył własny rozpoznawalny i oryginalny
styl, który charakteryzował się geometryczną stylizacją obrazu
i słowa. Wierzył, że reklama danego produktu stanie się jedną z
podstaw wytworzenia dialogu między artystą a odbiorcą. Była
w jego oczach fascynującą sztuką, z którą nowoczesny człowiek
mógł na co dzień obcować. Widniała na murach, na ścianach
budynków, na oknach, na pociągach, na drogach wszędzie.
Z drugiej też strony orientowała się przede wszystkim na
sprzedaż, co również zakładało pewne zaangażowanie
odbiorcy w odbiór danego dzieła oraz wskazywało na
futurystyczną ideę jedności życia i sztuki. W manifeście
Futuryzm i sztuka reklamy (Il futurismo e l’arte pubblicitaria)
opublikowanym w 1931 r. Depero pisał, że “sztuką ostatnich
stuleci była sztuka zorientowana w stronę reklamy”. Sugerował
w ten sposób, że nawet malarstwo minionych epok, które
gloryfikowało wojnę, religię, a nawet miłość było produktem
wystawionym na sprzedaż. Sam Depero postanowił pracować
jedynie dla klientów (takich jak Campari), którzy opłacali jego
artystyczne projekty.„Sztuką przyszłości będzie potężna sztuka
reklamy” podkreślał w swym manifeście, uznając reklamowany
produkt za źródło niewyczerpanej aktywności twórczej artysty,
tworzącego w duchu estetyki włoskiego futuryzmu.
Casa Depero
19
W niedługim czasie po zakończeniu II Wojny
Światowej twórczość Depery została zepchnięta w cień
międzynarodowych wydarzeń wystawienniczych. Stało się
tak, ponieważ Depero nie odciął się całkowicie od faszyzmu
i pozostawał wierny ideom futuryzmu, który w latach
trzydziestych pojednał się z reżimem Benita Mussoliniego.
Od połowy lat czterdziestych do końca lat pięćdziesiątych
tworzył w odosobnieniu, w rodzinnym prowincjonalnym
Rovereto, gdzie wciąż zajmował się głównie sztuką reklamy.
Projektował afisze reklamowe dla tekstyliów Saccardo oraz dla
fabryki makaronu Braibanti. Były to jednak projekty, które nie
przyniosły Deperze międzynarodowej sławy w ówczesnym
świecie sztuki. W 1959 r. w miejscu Casa d’Arte Futurista
utworzył Casa Museo Depero, w którym umieścił zarówno
swoje dawne, jak i aktualne dzieła, a także samodzielnie
zaprojektował jego wystrój. Powołując muzeum w swoim
domu pragnął zrealizować ideę ocalenia własnej twórczości
od całkowitego zapomnienia. Rok później zmarł, a Casa Museo
Depero prowadzone będzie przez następne lata przez jego
DEPERO
żonę Rosinę.
W roku 2009 w roku jubileuszu stulecia futuryzmu i
jublieuszu pięćdziesięciolecia ufundowania La Casa Museo
Depero, otwarto w Rovereto zrekonstruowany i odnowiony
dom Casa Depero, w którym umieszczone zostały jego wybitne
prace z lat działalności Casa d’Arte Futurista. Złożono w ten
sposób hołd wielkiemu i oryginalnemu artyście, którego
niezwykła twórczość doceniona została na międzynarodowej
arenie wystawienniczej z dość dużym opóźnieniem. Jego
pierwsza monograficzna prezentacja prac w Polsce, która ma
miejsce w Zamku Królewskim w Warszawie, zasługuje na miano
ważnego wydarzenia artystycznego. Jest ona niewątpliwie
pokłosiem niesłabnącego zainteresowania historią włoskiego
futuryzmu, które nastąpiło w wyniku jubileuszu jego stulecia.
20
FUTURYsTA
21
OPERE
DEPERO
1
KI KI GOLA’. PLASTICITA’ DI GALLO
1915
acquerello e collage su cartoncino
34,5 x 37 cm
Collezione privata
2
COSTUME PER “LE CHANT DU ROSSIGNOL”
1916
collage su cartoncino - 49,7 x 33,5 cm
Collezione privata
22
FUTURYsTA
3
PAESE DI TARANTELLE
1918
tarsia di stoffe colorate
56 x 88 cm
Collezione privata
4
UOMO DAI BAFFI
23
1919
collage su cartoncino - 55 x 39 cm
Collezione privata
DEPERO
5
TOPI, PAPPAGALLI E INSETTI
(Arazzetto)
1919
tarsia di stoffe colorate
60 x 80 cm
Cassa Rurale di Rovereto
6
LETTRICE E RICAMATRICE
AUTOMATICHE
1920/22
olio su tela
66 x 82,5 cm
Collezione privata, Roma
24
FUTURYsTA
7
SCENA DI VILLAGGIO
25
1920
collage su cartoncino - 50,5 x 35 cm
Collezione Massimo Rigo, Rovereto
DEPERO
8
GRAMMOFONO
1923 c.
progetto per manifesto
collage su cartoncino - 63 x 48 cm
Collezione privata
10
MANDORLATO VIDO
1924
manifesto litografico intelato
140 x 100 cm
Massimo & Sonia Cirulli Archive, New York
9
TIROLESE BAFFUTO
1923
progetto per manifesto Hotel Bristol, Merano
collage su cartone - 66 x 48 cm
Collezione privata
26
FUTURYsTA
11
GARA IPPICA TRA LE NUBI
27
1924
olio su tela
112 x 125 cm
Collezione privata, Parigi
DEPERO
12
COMPOSIZIONE DI CIFRE 44-55
1924/25
tarsia di stoffe colorate
80,5 x 83,5 cm
Collezione privata
13
DOPPIA ARATURA
1926/27
tarsia di stoffe colorate
110 x 100 cm
Collezione Cassa Rurale di Rovereto
28
FUTURYsTA
14
MATITE [fabbrica-matite]
29
1926
collage su cartone - 60 x 45,2 cm
Collezione Massimo Rigo, Rovereto
DEPERO
15
CHIROTTERO VENEZIANO
(IL GONDOLIERE)
1927
olio su tela
60 x 90 cm
Collezione privata, Milano
16
CITRUS
1927
olio e collage su tela - 100 x 60 cm
Collezione privata
30
31
FUTURYsTA
DEPERO
17
CAMPARI CORDIAL
1928
collage su cartone - 45,3 x 33,2 cm
Collezione privata
18
CAMPARI CORDIAL
1928
collage su cartone - 50 x 35 cm
Collezione privata
32
FUTURYsTA
19
CAMPARI
33
1928
collage su cartone - 56,2 x 48,4 cm
Collezione Massimo Rigo, Rovereto
DEPERO
20
BITTER CAMPARI
1928-40
manifesto litografico
100 x 70 cm
Massimo & Sonia Cirulli Archive, New York
21
STREGA [liquore]
1928 c.
collage su cartone - 46 x 34,5 cm
Collezione privata
22
LIQUORE STREGA
1928
collage su cartone - 46 x 34 cm
Collezione privata, Courtesy Studio 53 Arte, Rovereto
34
35
FUTURYsTA
DEPERO
23
ESTRATTO CAFFE’
1928
collage su cartone - 64 x 46 cm
Collezione privata, Courtesy Studio 53 Arte Rovereto
24
FA
VANITY IR
1929
cm
60
x
0
10
collage su cartone
reto
tesy Studio 53 Arte, Rove
Collezione privata, Cour
36
FUTURYsTA
25
DOWN-TOWN)
BIG SALE (MERCATO DI
37
1930 circa
olio su tela
51,5 x 75 cm
Collezione privata
DEPERO
26
NITRITO IN VELOCITA’
1933/34
su tavola
tempera e olio su carta
52,2 x 79 cm
Collezione privata
38
FUTURYsTA
27
LA RIVISTA
39
1930/31
45 x 35 cm
collage su cartoncino Collezione privata
DEPERO
29
NATURA MORTA ACCESA
1936
olio su tela
100 x 70 cm
Collezione privata, Torino
28
PAESAGGIO ALPESTRE LUNARE
1936
olio su tavola
66,2 x 78,8 cm
Collezione privata
40
41
FUTURYsTA
DEPERO
30
RISSA RUSTICANA 1°
1936/44
olio su tavola
93 x 48,5 cm
Collezione privata
42
FUTURYsTA
31
ELASTICITA’ DI GATTI
43
1939/46
olio su tavola
60,2 x 89,3 cm
Collezione Cassa Rurale di Rovereto
DEPERO
44
FUTURYsTA
33
DONNE DEL TROPICO
1944/45
olio su tavola
47 x 38 cm
Collezione privata - Courtesy Studio 53 Arte
34
FIORI TROPICALI
1944
olio su tavola
45 x 35 cm
Collezione privata
32 - RITO E SPLENDORI D’OSTERIA
45
1944
olio su tavola
120 x 82 cm
Collezione Cassa Rurale di Rovereto
DEPERO
46
FUTURYsTA
36
COLPO DI VENTO
1947
olio su tavola
50,3 x 50,3 cm
Collezione privata
35
PIANTE GRASSE
1946
olio su tavola
110 x 75 cm
Collezione privata, Torino
37
STRAPPO DI VENTO
47
1948
olio su tavola
50,3 x 60,6 cm
Collezione privata
DEPERO
38
L’APERITIVO DELLE MUCCHE
1948
olio su tavola
60 x 50 cm
Collezione privata, Torino
39
IRIDE NUCLEARE DI GALLO
1950
olio su tavola
75 x 59 cm
Collezione Cassa Rurale di Rovereto
48

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